PREMESSE AL LAVORO…………………………………………………………………………………………………… 1
A. PROFILO TECNICO ………………………………………………………………………………………………………. 3
Punto A.1 – Studio territoriale dell’area regionale……………………………………………………………….. 3
Punto A.2 – Analisi degli indirizzi tecnici per la progettazione eco-compatibile……………………… 14
Punto A.3 – Analisi degli scenari di innovazione utili………………………………………………………….. 22
B. PROFILO ECONOMICO FINANZIARIO……………………………………………………………………….. 64
Punto B.1 – Analisi del piano di investimenti e ottimizzazione della struttura costi/ricavi……….. 64
Punto B.2 – Analisi delle potenziali fonti di finanziamento ………………………………………………… 126
Punto B.3 – Analisi offerta e domanda potenziale……………………………………………………………… 137
C. PROFILO ORGANIZZATIVO……………………………………………………………………………………… 171
Punto C.1 – Analisi del modello di governance e gestione…………………………………………………. 171
Punto C.2 – Analisi del modello di project management……………………………………………………. 195
D. PROFILO GIURIDICO ……………………………………………………………………………………………….. 200
Punto D.1 – Inquadramento normativo …………………………………………………………………………… 200
Punto D.2 – Analisi giuridica e fiscale ……………………………………………………………………………. 206
RIFLESSIONI CONCLUSIVE………………………………………………………………………………………….. 2261
PREMESSE AL LAVORO
Lo studio sulla fattibilità economico-tecnica svolto con riferimento allo sviluppo dei Villaggi
Ecosostenibili Rurali OLISTICI – V.E.RO. – prenderà avvio dal necessario approfondimento di un
ampio spettro di tematiche connesse all’ambito tecnico e tecnologico delle applicazioni
utilizzabili. Innanzitutto, lo studio partirà proprio dall’analisi preliminare del territorio
dell’area regionale identificata per l’ubicazione del villaggio, in particolare, questa area è già
stata delimitata in corrispondenza della provincia di GROSSETO E/O VITERBO,
della quale saranno descritte le principali peculiarità morfologiche, le caratteristiche
territoriali e socio economiche. Di seguito, l’analisi verterà sulla discussione dei possibili
indirizzi tecnici per la progettazione eco -compatibile del villaggio oggetto di studio: dai
materiali ai meccanismi di produzione del fabbisogno energetico, saranno discusse le varie
tecnologie che si ipotizza di includere all’interno del villaggio. Infine, nella descrizione degli
scenari di innovazione si procederà ad offrire una descrizione dettagliata del progetto e di
come si ipotizza di gestire gli spazi e le tecnologie che questo comprenderà.
L’analisi del progetto sotto il profilo economico finanziario prenderà avvio proprio dalla
descrizione delle principali grandezze economiche che entreranno in gioco nel progetto e nella
loro conseguente valutazione di convenienza, che sarà suddivisa in più scenari a seconda delle
diverse opzioni reali che si potrebbero verificare. Di seguito, si procede ad una dettagliata
analisi dell’ampio ventaglio di fonti di finanziamento potenzialmente utilizzabili per
sostenere l’investimento richiesto alla base del progetto: in questo caso si prenderanno in
esame sia le fonti “tradizionali” che quelle più alternative e innovative presenti nel panorama
italiano. Il capitolo riguardante la discussione sulla fattibilità economico finanziaria si chiude
con un’analisi della domanda e dello stato di alcuni degli elementi strutturali del progetto: la
demografia, l’economia, la disabilità, il mercato immobiliare in senso ampio ed i suoi trend
di innovazione.
Sotto il punto di vista dello studio del profilo organizzativo del progetto, in modo
estremamente pragmatico, ma esaustivo ai fini dello sviluppo del progetto, proporremo un
modello di governance e di gestione adatto a fronteggiare tutte le possibili problematiche di
gestione dello sviluppo del progetto e di tutte le figure che questo coinvolgerà per offrire tutti
i servizi previsti per gli ospiti. Inoltre, verrà proposto e discusso anche un modello di project2
management per consentire di una gestione della struttura snella ed efficiente, ma non per
questo meno efficace.
Infine, sarà presentato il quadro normativo connesso agli aspetti strutturali del progetto e verrà
discussa la normativa aderente al progetto per ciò che riguarda gli strumenti di agevolazione
e di partecipazione messi a disposizione dal legislatore che potrebbero avere un qualche
impatto rilevante sulla riuscita del progetto.3
A. PROFILO TECNICO
Punto A.1 – Studio territoriale dell’area regionale
Il progetto V.E.RO. – Villaggi Ecocompatibili Rurali OLISTICI potrebbe trovare attuazione nella
provincia di GR/Vt
Ai fini dell’individuazione del sito ottimale il percorso decisionale è stato impostato come
segue: si è proceduto ad un’analisi valutativa delle diverse possibili localizzazioni dello stesso
tramite un’analisi desk. A tal proposito la provincia è stata distinta, in base a criteri
demografici ed economici, in 3 ambiti omogenei ai quali poi sono stati applicati criteri di
valutazione su base quali-quantitativa, allo scopo di esaminare le caratteristiche territoriali e
socio-economiche che maggiormente collimano con la mission del progetto. L’analisi desk
ha quindi distinto una determinata “area di interesse” entro la quale si è deciso di individuare
nel comune di GR-vt.
I criteri di valutazione su base quali-quantativa applicati agli ambiti omogenei sono stati
individuai tra gli aspetti ritenuti strategici per la riuscita del progetto; ossia criteri di tipo:
• LOGISTICO (facilità di accesso);
• URBANISTICO (capacità urbanistica assenza/presenza di particolari vincoli);
• DI CONTESTO (socio economico).
Tale scelta di metodo ha escluso automaticamente dall’individuazione della possibile “area
di interesse”
1.Premessa
Con la presente si analizzano i principi della progettazione eco-compatibile applicabili al
progetto V.E.R.O.-Villaggi Ecocompatibili OLISTICI. In materia di progettazione eco-
compatibile si illustrano i principi suggeriti dal corpo normativo e le soluzioni tecniche e
tecnologiche adottabili.
2.I Principi della progettazione eco-compatibile
La verifica dell’eco-compatibilità di materiali, elementi, componenti e processi eco-
sostenibili nell’edilizia, richiede la definizione dei requisiti da rispettare e la valutazione
delle prestazioni fornite, si dovrebbe prendere come linea guida quanto enunciato dalla
normativa UNI 11277:2008.
La struttura, il cui progetto prenderà spunto dalla possibilità di raggiungere il massimo
livello di eco-compatibilità, dovrà essere in grado di soddisfare tre principali classi
prestazionali:
•Salvaguardia ambientale (SAM)
Insieme delle condizioni relative al mantenimento e miglioramento degli stati dei
sovra sistemi di cui il sistema edilizio fa parte.
•Utilizzo razionale delle risorse (URR)
Insieme delle condizioni per utilizzare le risorse dell’ambiente in modo coerente
nei confronti degli utenti e dell’ambiente stesso con un regime
economico/ambientale definito.
•Benessere, igiene e salute dell’utente (BIS)
Insieme delle condizioni relative a stati del sistema edilizio adeguati alla vita, allo
svolgimento delle attività, all’incolumità e alla salute degli utenti. Le condizioni
di benessere fanno riferimento alla percezione sensoriale positiva dell’ambiente15
da parte dell’utente. Le condizioni di igiene e salute fanno riferimento all’assenza
di condizioni patogene e all’incolumità degli utenti, in relazione anche a emissioni
di gas tossici, presenza nell’aria di particelle o gas pericolosi, emissioni di
radiazioni pericolose, inquinamento o tossicità dell’acqua e del suolo, difetti
nell’eliminazione delle acque di scarico, dei fumi e dei rifiuti solidi o liquidi,
formazioni di umidità su parti o pareti dell’opera.
In particolare, i requisiti tecnologici che si dovranno soddisfare per raggiungere
l’efficienza e l’efficacia nelle tre aree presentate potrebbero essere:
• utilizzo di materiali, elementi e componenti a ridotto carico ambientale (i materiali,
gli elementi e i componenti devono avere un ridotto carico energetico, durante tutto
il ciclo di vita, e ridotte emissioni inquinanti);
• gestione ecocompatibile del cantiere (devono essere ridotti i consumi energetici e i
livelli di inquinamento di aria, acqua, suolo e sottosuolo, in relazione alle diverse
operazioni previste nel cantiere, dall’utilizzo delle risorse e delle diverse sostanze alla
gestione rifiuti);
• riduzione dell’emissione di inquinanti dell’aria climalteranti (la quantità di gas serra,
misurata in CO2 equivalente, emessa per effetto dei processi di conversione
energetica basati su combustibili fossili, deve essere ridotta, tenendo in
considerazione anche la possibilità di piantumazione di alberi in grado di assorbirla);
• salvaguardia del ciclo dell’acqua (la superficie di suolo caratterizzata da materiali
superficiali drenanti deve essere estesa per favorire la penetrazione diffusa e a velocità
ridotta dell’acqua piovana e di scarto);
• utilizzo di materiali, elementi e componenti riciclati e/o riciclabili e di tecniche
costruttive che facilitino il disassemblaggio e lo smaltimento dei componenti una
volta che saranno a fine vita;
• utilizzo di materiali, elementi e componenti caratterizzati da un’elevata durabilità;
• utilizzo razionale delle risorse idriche (riduzione del consumo di acqua potabile,
recupero delle acque meteoriche);16
• utilizzo razionale delle risorse climatiche ed energetiche (riscaldamento e
raffreddamento passivo, illuminazione naturale, isolamento termico, inerzia termica);
• riduzione del fabbisogno d’energia primaria e sostituzione di fonti energetiche da
idrocarburi con fonti rinnovabili (l’efficienza energetica del sistema complessivo
edificio-impianto deve essere incrementata. Tale incremento può essere ottenuto
riducendo il fabbisogno e utilizzando sistemi energetici, basati su fonti rinnovabili);
• benessere termico negli spazi esterni ed interni;
• benessere visivo;
• benessere acustico;
• rispetto e monitoraggio delle necessarie condizioni d’igiene ambientale connesse con
l’esposizione ad agenti inquinanti dell’aria interna.
Infine, è chiaro che, per poter riuscire a raggiungere i requisiti sopra citati, il progetto
dovrà necessariamente avvalersi di un attento studio ambientale e delle caratteristiche del
sito in modo da poter valorizzare eventuali soluzioni di configurazione e tecnologiche
dell’edificio e/o di alcune delle sue parti, che potrebbero consentire il raggiungimento del
benessere e del comfort ambientale interno, minimizzando l’uso degli impianti
tradizionali di climatizzazione, con l’obiettivo di diminuire al minimo il fabbisogno
energetico dell’edificio, avvalendosi allo stesso tempo di impianti per la produzione di
energia rinnovabile pulita, quale fotovoltaico, solare-termico, ecc.
3.Classi energetiche e NZEB
A partire dal 2005, in seguito all’emanazione del D.lgs. 192/05 e dei successivi interventi
legislativi a questo connessi, completati in seguito con il DM 162/15, la certificazione
energetica degli edifici entra definitivamente a far parte della normativa italiana. Le classi
energetiche sono state create per classificare le prestazioni energetiche di case e
appartamenti sulla base di parametri funzionali e strutturali che determinano
scientificamente l’uso, massiccio o limitato, di energia elettrica.
La suddivisione in classi avviene sulla base delle lettere dell’alfabeto –a cui l’aggiunta di
numeri sull’efficienza consente di creare una codificazione alfanumerica – su una scala
che classificherà i consumi degli edifici in ordine crescente, a partire dalla classe A4, fino
alla G, per un totale di 10 classi (l’ultimo aggiornamento del metodo di classificazione
risale all’anno 2017).
Dunque, la classificazione energetica ha come obiettivo principale quello di stabilire
quanto consuma un edificio, o meglio, di valutare, sulla base delle sue caratteristiche
strutturali, degli infissi, del fabbisogno energetico stimato, etc, quale impatto avrà questo
sull’ambiente in termini di consumi energetici. Lo scopo del legislatore, che pone
l’obbligo della certificazione energetica solo ad alcune categorie (contratti di locazione,
rogiti, annunci immobiliari, detrazioni e sgravi), è quello di ridurre lo spreco di energia,
di contenere i consumi e di spronare sia il cittadino sia il mercato delle nuove tecnologie
ad adottare e proporre soluzioni alternative a basso impatto ambientale.
Il DM 162/15 introduce inoltre nella normativa italiana il concetto di NZEB:
ufficialmente il termine Nearly Zero Energy Building compare per la prima volta
all’interno di un pacchetto di Direttive Europee definite dall’acronimo EPBD (Energy
Performance Building Directions) nel 2010, che prosegue la strategia dell’Europa 2020
in tema di sviluppo sostenibile, invitando gli stati membri a introdurre normative sulla
prestazione energetica degli edifici. Il legislatore offre anche una definizione a questo
concetto di NZEB, un cui estratto esaustivo potrebbe essere il seguente: “un edificio ad
altissima prestazione energetica. Il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo
dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili,
compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze”.
In Italia, un edificio NZEB viene di norma classificato come edificio che riesce a
rispettare tutti i parametri richiesti dai requisiti minimi vigenti, cioè i nuovi limiti previsti
dal decreto, e che inoltre rispetta l’obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili previsto
da D.L. 28 del 3 marzo 2011.18
Per poter raggiungere i requisiti richiesti ad un NZEB, risulta fondamentale anche una
progettazione architettonica in linea con i criteri dell’architettura bioclimatica, che
soddisfa i requisiti di comfort con un controllo passivo del microclima, al fine di
minimizzare l’uso di impianti meccanici e massimizzare l’efficienza degli scambi
energetici tra edificio e ambiente naturale circostante.
Giunti a questo punto è possibile poter racchiudere gli elementi necessari per una corretta
progettazione bioclimatica secondo i principi NZEB nei seguenti sette concetti chiave:
• captazione del calore, che dipende dall’involucro nelle sue componenti opache e
finestrate. Risulta necessario un attento studio del sito su cui l’edificio andrà ad
insistere al fine di poterne sfruttare l’orientamento ottimale, l’irraggiamento solare e
l’esposizione o meno ad eventuali venti;
• accumulo legato alla massa termica dell’edificio;
• controllo, sia esso legato alla regolazione degli apporti solari o di ventilazione, sia
correlato alla componente impiantistica;
• conservazione del comfort interno, raggiungibile tramite un elevato e accurato
isolamento dell’involucro e ad una corretta tenuta all’aria dello stesso;
• protezione, (importante dato il nostro clima mediterraneo) da apporti solari eccessivi
anche attraverso l’utilizzo razionale del verde;
• dispersione, attraverso una corretta ventilazione naturale e nei casi di una maggiore
efficienza energetica, attraverso una accurata ventilazione meccanica o di comfort.
Questi concetti possono essere tradotti in strategie applicative specifiche da adottare
durante le differenti stagioni. In inverno, ad esempio, dovranno essere massimizzati gli
apporti solari gratuiti, l’accumulo e l’isolamento termico, quindi ridotte il più possibile le
perdite di calore per ventilazione. In estate, di conseguenza, dovranno essere ridotti al
minimo gli apporti interni e gli apporti solari tramite opportune schermature; dovrà essere
attivato il raffrescamento tramite free cooling, in particolar modo durante le ore serali,
mentre per l’involucro edilizio potrebbe essere necessario l’utilizzo di un notevole
isolamento termico per la riduzione degli apporti per trasmissione dall’esterno verso19
l’interno ed è necessaria la presenza di inerzia termica per rallentare l’onda termica e
masse di accumulo per lo stoccaggio del calore interno da cedere durante la notte.
4.Impianti di accumulo
Per l’abbassamento del fabbisogno energetico di un edificio sarà fondamentale
l’installazione di impianti fotovoltaici e impianti solare-termico per la maggior
produzione diretta di energia elettrica e acqua calda possibile; inoltre il Decreto
Rinnovabili (D.lgs. 28/2011) ha imposto l’obbligo di coprire con energie rinnovabili
almeno il 50% del fabbisogno energetico degli edifici di nuova costruzione.
Un impianto fotovoltaico tradizionale solitamente opera secondo il processo di “scambio
su posto”, ovvero normalmente non utilizza interamente l’energia elettrica che produce
poiché tutta l’energia prodotta in eccesso torna alla rete, risultando così sprecata. Inoltre,
molto spesso accade che maggiori livelli di consumo di energia elettrica si abbiano
durante la notte, quindi proprio in quei momenti in cui non c’è irraggiamento solare.
Proprio per questa ragione gli impianti fotovoltaici possono essere dotati di una batteria
per l’accumulo dell’energia elettrica: quest’ultimi riescono a sfruttare in pieno la corrente
prodotta durante le ore di irraggiamento solare; il tutto collegando l’impianto fotovoltaico
ad una batteria che è capace di accumulare la corrente da utilizzare durante le ore notturne.
Tramite l’installazione di un impianto fotovoltaico con batterie di accumulo, potrebbe
essere possibile arrivare a coprire circa l’80% del fabbisogno energetico giornaliero di
una normale abitazione.
È importante sottolineare che un impianto fotovoltaico con batteria di accumulo
dall’esterno non presenta differenze sostanziali, l’unica differenza presente infatti è quella
di dover calcolare uno spazio ad hoc (ad esempio un localo o uno spazio riservato) da
creare in sede di progettazione, che dovrà essere adibito al contenimento delle batterie, e
quindi per la predisposizione dell’impianto di accumulazione.20
Infine, l’altro elemento utile per rendere l’edificio più eco-compatibile possibile è
l’impianto di accumulo e riutilizzo delle acque meteoriche. Questo consente lo stoccaggio
ed il filtraggio delle acque di prima pioggia con lo scopo di consentirne il riutilizzo in
campo irriguo o nel percorso delle acque grigie, ad esempio per alimentare la lavatrice e
le cassette dei WC. Questa soluzione abbassa in modo notevole il fabbisogno di acqua
dell’edificio e degli spazi verdi annessi ai manufatti edilizi oggetto di progettazione.
Figura 5 – Schema degli impianti di produzione energetica
5. Soluzioni costruttive adottate
Le unità immobiliari oggetto di studio saranno progettare seguendo il modello delle
cosiddette “passive house”, dove in particolare si dovrà porre specifica attenzione alla21
definizione di tutte le caratteristiche dell’involucro edilizio, in ognuna delle sue
componenti opache e non.
Considerando il lotto di progetto previsto, si potrebbe optare per la scelta di una
tecnologia costruttiva fortemente massiva, con l’obiettivo di mitigare gli apporti solari,
garantendo il controllo del confort interno e riducendo le dispersioni impiantistiche. In
questo caso, quindi, si potrebbe utilizzare in modo proficuo il sistema “XLAM” in legno,
grazia al quale si potrebbero raggiungere obbiettivi energetici ed ecologici, grazie alla
possibilità di poter progettare strutture ecocompatibili e modulabili.
L’involucro progettato seguendo le linee guida descritte potrebbe essere in grado di
garantire bassi valori di trasmittanza termica, ma va sottolineato che questa scelta
progettuale potrebbe avere un impatto considerevole sul prezzo/m2, soprattutto per
quanto riguarda la scelta degli infissi.
Gli impianti elettrici installati garantiscono una bassa dispersione energetica e, per
agevolarne l’utilizzo da parte di soggetti svantaggiati, potranno essere dotati anche di
sistemi di domotica avanzati che, oltre a semplificarne l’uso, potranno contribuire in
modo attivo alla gestione delle risorse ed al risparmio energetico globale della struttura.
Nell’edificio potranno essere installati inoltre impianti solare-termico per la produzione
di acqua calda igienico sanitaria, impianti di accumulo e riutilizzo delle acque meteoriche
ed impianti fotovoltaici con batterie ad accumulo per poter valorizzare al meglio l’energia
prodotta dal sistema energetico.
In sintesi, l’obiettivo del progetto è quello di progettare un edificio che sia in grado di
raggiungere la più alta classe energetica e di ottenere la certificazione NZEB. L’edificio
dovrà essere in grado di offrire allo stesso tempo uno spazio architettonico ben progettato
e adeguato al clima ed alla morfologia del luogo ed inoltre dovrà creare/offrire spazi adatti
alla vita dei soggetti più fragili e svantaggiati della società. Tutto ciò diviene possibile
attraverso l’adozione di particolari soluzioni spaziali ed impiantistiche, alcune delle quali
descritte nei punti precedenti. Inoltre, se nello specifico si fa diretto riferimento a consumi
energetici, dalle stime effettuate questi potranno attestarsi attorno ai 15 kWh/m2a,22
consentendo all’edificio di arginare quindi la domanda di energia primaria al di sotto dei
120 kWh per metro quadro (direttiva “passivhaus Institut” specifica per edifici nZEB) e
nei valori compresi tra i 30 kWh/m2a e i 10 kWh/m2a (secondo indicazioni specifiche
delle “classe A” e “Gold” per Casa Clima).
Punto A.3 – Analisi degli scenari di innovazione utili
1.Premessa
L’Italia è un paese ricco d’ energie di energie diffuse, capaci di grandi slanci; ma in questa fase è
alle prese con una difficile crisi ed è in cerca di una direzione forte per guardare al futuro
senza compromettere l’ambiente ed il benessere delle prossime generazioni: solo una
strategia complessa, orientata dalla sostenibilità ambientale, sociale ed economica, può
infatti offrire una prospettiva solida, settore per settore e per l’intero Paese.
L’eco-quartiere è un nuovo modo di pensare il territorio, la relazione tra i cittadini, e
potrebbe essere uno scenario futuro e futuribile delle nostre città. È un generatore di
benessere e di speranza, una risposta concreta, rapida, efficace e in gran parte
economicamente autosufficiente per far fronte alla crisi e alla necessità di cambiamento.
Un eco-quartiere è un luogo dove si vive meglio, perché l’attenzione alle esigenze dei
cittadini (salute, relazioni, facilità di accesso ai servizi, etc.) è costitutiva, in un luogo che
produce lavoro, reddito, sviluppo. Un eco-quartiere è costruito per facilitare i
comportamenti sostenibili, rendendoli a costo zero e – nei casi migliori – addirittura
remunerativi, in modo diretto (es. minore spesa per erogazione di servizi) o indiretto (es.
possibilità di accedere a servizi aggiuntivi).23
È interessante notare che in questo quartiere ecosostenibile, tra gli obiettivi principali
dell’intervento non c’è solo la riduzione di emissioni, rifiuti, consumo energetico e acqua,
e un ripensamento della mobilità in cui viene sottointeso lo sviluppo di un luogo in cui
sia “salutare” vivere, comprendendo in questo il diritto allo svago e alla cultura: quindi il
benessere dei cittadini è già centrale del progetto.
I macro obiettivi che l’eco-quartiere in fase di studio e progettazione intende perseguire
sono principalmente i seguenti:
• concorre al rilancio l’economia;
• creare nuovi posti di lavoro;
• contrastare il rischio (dato dalla crisi) di degrado delle nostre città;
• seguire le indicazioni europee in materia di politiche ambientali;
• innalzare la qualità della vita di chi ci abita, mettendo in moto un circolo virtuoso.
Le tipologie di interventi che saranno proposti si potranno configurare come:
• interventi innovativi ma rispettosi dell’ecosistema e delle persone: una trasformazione
profonda che, tenendo conto dell’identità e della storia del luogo ne faccia emergere
caratteri nuovi, espressione del nuovo modello di sviluppo;
• interventi che riducono l’impatto della città sull’ambiente: riduzione del consumo
energetico, migliore gestione della mobilità, riduzione del consumo di acqua e della
produzione di rifiuti, promozione della biodiversità;
• interventi che coinvolgono i residenti generando coesione e senso di appartenenza:
progettazione partecipata, accoglienza di persone anziane, anche mediante la
progettazione di case adeguate alle esigenze indotte dalla crescente aspettativa di vita;
• interventi volti a ottenere un mix sociale e generazionale per contrastare fenomeni di
marginalizzazione di alcune categorie di abitanti;
• interventi c he valorizzano i “saperi”, le tradizioni e le competenze presenti sul
territorio: tramite la creazione e la valorizzazione di una rete di persone ed attività;
• interventi che saranno resi economicamente autosufficienti in tempi brevi.24
Poter progettare sin dalle prime fasi di sviluppo l’eco-villaggio offre la possibilità, grazie
al controllo dell’intero processo edilizio, di fissare livelli standard di consumi energetici
tali da rendere l’intero intervento più ecosostenibile possibile. Inoltre, non dovrà essere
trascurato l’impatto sia dal punto di vista architettonico che dal punto di vista ambientale,
soprattutto nel momento in cui il progetto si riferisce ad una progettazione a scala così
ampia. Questa, però, se portata avanti secondo gli standard descritti dal documento,
potrebbe rappresentare una delle prime applicazioni di un nuovo standard che si potrà
adottare con successo anche per lo sviluppo dei futuri quartieri di espansione residenziale.
Il Masterplan è stato strutturato su un modello di città policentrica, dove è parte centrale
una rete che connette nuovi centri che raccolgono differenti servizi alla comunità; gli
aggregati progettati sono inspirati ai principi di “città mista”, per garantire accoglienza,
tolleranza ed equilibrio sociale. L’idea di città di riferimento trae forza dalla complessità
funzionale, all’interno di una dimensione urbana ridotta, articolata in piccole parti
autonome, miste e con connessioni multiple, per promuovere un utilizzo flessibile di
lungo periodo e assicurare l’integrazione dei diversi gruppi demografici e sociali .
’insediamento proposto per progetto GR-VT, date le condizioni individuate a monte
dell’intervento, potrebbe essere inquadrato in quello tipologia insediativa definita eco-
quartiere piuttosto che dell’eco villaggio. Quindi, si configura come un insediamento
residenziale composto da abitazioni private correlate da un insieme di spazi coperti e
scoperti, c oniugando l’autonomia dell’abitazione privata con i vantaggi, le risorse, gli
spazi e i servizi condivisi quali: sale polifunzionali, cucine comuni, lavanderie, assistenza
sanitaria, locali per la musica, guest house, dunque spazi fra loro molto diversi. Si tratta
di una forma di vicinato insediativo che risponde ad una necessità di mutuo scambio e
aiuto, che si accosta alla ricerca di una vita sociale più accogliente, gradevole e ricca.
Per un efficace successo dell’operazione, sarebbe auspicabile il ricorso a forme di
progettazione partecipata che possano prevedere il coinvolgimento degli abitanti fin
dall’inizio; utilizzare il design pro–comunità, perseguito sul piano spaziale può facilitare
i rapporti di vicinato; caratterizzare gli spazi comuni, o meglio la compresenza di spazi
privati e servizi condivisi; facilitare la gestione diretta: l’insediamento è amministrato
dalla comunità e al su interno ogni decisione è presa non per maggioranza, ma per consenso , e tempismo .
Ai fini del raggiungimento degli obiettivi eco-compatibili previsti del progetto V.E.R.O. è
fondamentale l’apporto offerto dall’energia rinnovabile raccolta dall’ambiente.
Sfortunatamente, la natura intermittente dell’energia rinnovabile si traduce in una mancata
corrispondenza tra quando queste fonti generano energia e quando le strutture lo
richiedono, nel nostro caso questa discrepanza riduce l’efficienza del sistema fotovoltaico.
Per ovviare al problema ci si avvale di impianti fotovoltaici ibridi ad isola, che restano
connessi alla rete elettrica di distribuzione, ma utilizzano principalmente le proprie fonti
e si avvalgono di sistemi di accumulo che sfruttano batterie che immagazzinano l’energia
in eccesso, rispetto a quanto prodotto e la rendono disponibile durante le fasi di bassa
produzione o quando assente (notte).
Qualora nessuna delle fonti sia disponibile o l’accumulatore sia scarico, un circuito
collega l’impianto alla rete elettrica per la continuità della fornitura. Un impianto
fotovoltaico di accumulo applicato alla semplice unità residenziale riesce a coprire, in
media, l’80% del fabbisogno energetico.
Assieme ai pannelli fotovoltaici, l’altra componente del sistema è individuabile nelle
batterie al LITIO che rappresentano un metodo tecnicamente fattibile,
economicamente valido e accettabile dal punto di vista ambientale per utilizzare
l’accumulo energetico come mezzo di gestione del carico elettrico. In combinazione con
un sistema di gestione e un circuito di controllo, le batterie piombo-acido completano i
requisiti essenziali di un sistema di accumulo di energia. I principali vantaggi del sistema
includono: spinning reserve; load following; frequency control; load leveling; assenza di
emissioni inquinanti atmosferici; e costruzione modulare. Per le utenze la capacità di
ridurre i picchi di domanda, scaricando l’energia accumulata dalla batteria, offre vantaggi
economici significativi. Ma in media questo processo comporta circa il 20% di perdite di32
conversione di energia che limita la percentuale massima di apporto da energia
rinnovabile alla singola struttura.
Le tecnologie di immagazzinamento dell’energia possono essere implementate su scale
grandi e piccole in modo distribuito e centralizzato in tutto il sistema energetico. Gli utenti
del sistema possono servire da generatori e consumatori.
La strategia alternativa, ai singoli impianti, è connettere le abitazioni vicine con un unico
impianto locale così da rendere possibile la condivisione di energia tra gli utenti per
bilanciare la raccolta di energia locale e la richiesta della microrete. Il nuovo approccio
di condivisione dell’energia determina quali utenti dovrebbero condividere energia e
quando, riducendo al minimo le perdite di efficienza a livello di sistema. Questo sistema
riduce la perdita di energia sulla linea del 60% senza richiedere grosse batterie,
aumentandone la capacità si registra un aumento delle prestazioni e stabilità della
microrete.
Come si evince da diversi casi studio le soluzioni proposte sono efficace occasione per
aumentare l’apporto di energia elettrica pulita auto-prodotta e consumata, abbassando
così l’impatto ambientale dei fabbricati e, a monte di un iniziale spesa per l’impianto, un
sostanziale recupero dei capitali investiti e risparmio economico durante gli anni.
Non bisogna dimenticare che esistono costi economici ed ambientali per lo smaltimento,
manutenzione e sostituzione dei pannelli e delle batterie. Per quanto riguarda le batterie,
in media, l’efficienza è garantita per 10 anni. Per i pannelli, a seconda del modello,
l’efficienza si attesta sui 15-20, anni.
Di media un impianto si ripaga, a livello economico, in 10- 15 anni, risulta quindi
investimento sostenibile economicamente e, se garantisce la quasi autonomia da fonti di
energie non pulite, accettabile anche a livello ambientale.
Il medesimo meccanismo di accumulo applicato ad una rete più ampia, comporterebbe la
creazione di una rete di quartiere e aumenterebbe i benefici alla comunità, grazie alla
creazione di sistemi fotovoltaici per la generazione di energia elettrica “pubblica” messa33
a disposizione degli utenti del quartiere istaurando una Sistema di Distribuzione Chiusi
(SDC) dove l’ente responsabile potrebbe sopperire alle richieste energetiche non coperte
dalla rete delle singole abitazioni. Di fatto i sistemi fotovoltaici “collettivi” quali campi
solari o solar road, sono sempre più spesso utilizzati da diverse cooperative in Italia e in
Europa per ridurre il fabbisogno energetico della comunità. Qualora la domanda fosse
ancora maggiore si utilizzerebbe l’allaccio alla rete pubblica così da garantire
l’erogazione del servizio.
Ad oggi il costo decrescente della tecnologia necessaria allo stoccaggio, produzione di
energia fotovoltaica e l’aumento della domanda di flessibilità locale stanno aprendo nuove
possibilità per l’impiego di questa pratica. Il Community Energy Storage (CES)
contribuisce positivamente alla produzione e consumo di energia pulita, accogliendo i
bisogni e le aspettative dei cittadini e delle comunità locali, soddisfando inoltre gli
standard ecologici richiesti dall’UE e portando avanti un’innovazione socio-tecnica del
sistema.
Il sistema CES risulta un complesso sistema socio-tecnico, che richiede il coordinamento
e l’interazione di diversi attori e componenti rendendo possibile la transizione verso un
futuro sistema energetico sostenibile, affidabile, inclusivo e conveniente in grado di
creare un sistema di distribuzione elettrico di “quartiere” che utilizza quasi totalmente
energia rinnovabile prodotta in loco.
Se prodotta energia in misura sufficiente questo progetto lascia spazio alla possibilità di
abbandonare l’utilizzo del gas metano per il riscaldamento, fuochi cottura e generazione
di acqua calda igienico sanitaria, creando così un villaggio ad emissioni quasi zero. Il
tutto coadiuvato da sistemi di solare termico per ridurre l’impatto energetico del
riscaldamento di acqua igienico sanitaria.34
Figura 12 – Studio del sistema di accumulo energetico
Ciclo Idrico
Per le proprie attività l’uomo utilizza grandissime quantità di acqua, potabile e non, molto
spesso senza preoccuparsi di preservare questa risorsa sempre più a rischio. Una gestione
sostenibile del ciclo idrico permette di ridurre i consumi idrici e di valorizzare le acque
di scarto. In questo tema si inseriscono gli impianti di depurazione delle acque grigie e
sistemi di raccolta e accumulo delle acque meteoriche, questi sono sistemi che permettono
di recuperare e trattare parte dell’acqua di scarto, riutilizzandola per scopi non potabili.
Le acque meteoriche e l’acqua di scarto di rubinetti e docce, che possono essere
recuperate e riutilizzate, sono una fonte continuamente disponibile e richiedono
trattamenti semplici ed economici per un loro riutilizzo, per usi non potabili. Le acque
grigie che provengono dagli scarichi di lavandini, docce e vasche rappresentano circa il35
70% del consumo di acqua medio di una famiglia. Nella maggior parte delle nostre case
l’acqua potabile, prelevata dalla rete pubblica, viene usata indifferentemente per le
cassette del wc o per il lavaggio di alimenti, con uno spreco di acqua di qualità superiore
al dovuto. La maggior parte delle acque di scarico domestico sono recuperabili, poiché
contengono sostanze organiche degradabili in breve tempo e una carica batterica che può
essere gestita facilmente. Le acque grigie sono composte solo al 50% da sostanze
organiche, da azoto per il 10% circa e la restante parte da fosforo. Il discorso è diverso
per le acque nere, derivanti dagli scarichi del wc, in quanto il loro trattamento risulta
essere più complesso e lungo. Tra gli usi riconosciuti di queste acque si annoverano
l’alimentazione dei vasi WC, impianti antincendio, alimentazione di fontane e vasche
d’acqua, impianti di irrigazione, circuiti di impianti di climatizzazione, lavanderie.
Predisporre un impianto di trattamento delle acque grigie è più semplice nel caso di nuove
costruzioni o di edifici esistenti soggetti a importanti ristrutturazioni, in quanto è
necessario un preciso intervento anche sulla rete di distribuzione. È fondamentale che vi
sia una separazione delle reti di scarico delle acque nere e delle acque grigie, così come
deve essere distinta la rete di distribuzione idrica di acqua potabile e non potabile. Dalla
rete di scarico, le acque grigie sono portate in un apposito sistema di trattamento e
depurazione dell’acqua, da cui poi verranno reimmesse in circolo sotto forma di acqua
chiara non potabile.
Se si vuole usare l’acqua per usi domestici, l’acqua trattata, chiaramente, deve rispettare
una serie di requisiti imposti dall’Unione Europea per le acque di balneazione. I costi per
tutti gli interventi necessari, sono compensati da un risparmio idrico nel tempo e da una
bassa necessità di effettuare opere di manutenzione.
Le acque di scarico vengono raccolte e convogliate al sistema di trattamento delle acque
grigie, da cui poi vengono ridistribuite.
bibliografia :
Guida pratica a facilitazione e metodo del consenso, Beatrice Briggs
Le parole sono finestre (oppure muri), Introduzione alla Comunicazione Nonviolenta
Marshall B. Robenberg
Manuale pratico di Comunicazione non violenta, Marshall B. Robenberg
Preferisci avere ragione o essere felice? Gabriele Seils intervista Marshall B.
Robenberg
Comunicazione e potere, Marshall B. Robenberg
Parlare Pace, Quello che dici può cambiare il tuo mondo, Marshall B. Robenberg
Parlare insieme, Psicologia e arte della comunicazione per migliorare i rapporti con gli
altri, Friedmann Schulz Von Thun
Potere con… Vilma Costetti
Essere nel fuoco, Arnold Mindell
Creare una vita insieme, Diana Leafe Christian
Ecovillaggi e cohousing, Francesca Guidotti
Eco-Villaggi Jan Martin Bang
Rive, Ieri, oggi, domani, Curato da Ermanno Salvini Cofondatore Tempo di Vivere e
Francesca Guidotti
Altri materiali, liberamente tratti da corsi di facilitazione:
Dinamiche di gruppo, processi decisionali e fondamenti di facilitazione.
Collaborare e convivere per trasformare il conflitto in cambiamento, Lucilla
Borio Cofondatrice Ecovillaggio Torri Superiore
Corso annuale facilitazione IIFACe, Miguel Plaza “Aua” Martina Francesca
Cos’è la maturità emozionale
è il risveglio dell’autostima, dell’empatia e della vita sociale basata sul rispetto.
Sentirsi felici, capaci di donare felicità e di creare ambienti stimolanti, armoniosi e
collaborativi.
Essere in grado di lavorare in gruppo, capaci di accettare frustrazione, tradimento e
sconfitta.
La maturità emotiva non nasce dal nulla; richiede lavoro, sforzo, buona volontà e il
desiderio di guardarsi dentro e conoscersi meglio, con la testa e il cuore in perfetta
sintonia. Maturare significa affrontare la realtà così com’è, spesso ben più dolorosa di
quanto vorremmo.
La capacità di essere empatici, assertivi e abili nella comunicazione e nella
ristrutturazione dei conflitti si acquisiscono.
Richiede impegno, umiltà e volontà al cambiamento
La maturità emotiva è un investimento quotidiano, è un stimolo continuo verso se stessi e verso gli a ltri
Per raggiungere questa maturità, è necessario mettere in pratica una serie di abitudini e
strategie che funzioneranno solo se alimentate dalla volontà e protette dall’umiltà.
Non siamo il centro dell’universo, ma facciamo parte di un insieme in cui la nostra
presenza è importante ed essenziale.
È importante rispettare e valorizzare emotivamente noi stessi come gli altri,
mettere in campo empatia per entrambi: non basta capire, bisogna soprattutto
comprendere e agire di conseguenza.
Sviluppare l’abilità del distacco, saper dire addio
Non lasciamo che niente e nessuno sia così importante per noi da farci perdere la nostra
essenza, l’identità, la capacità di prendere decisioni, di agire, di essere liberi.
La maggior parte di noi prova molta paura, soprattutto quando si tratta di lasciar andare
qualcosa che ci piace o a cui siamo affezionati.
Le persone emotivamente mature sanno che la vita meravigliosa quando viene vissuta
nella libertà. Lasciano allora andare ciò che non appartiene loro, capiscono che
rimanere aggrappati al passato impedisce di chiudere dei cicli e di curare le ferite
emotive.
Accettiamo il fatto che a volte si perde, che va bene arrendersi e continuare a vivere
mettendoci nuovamente in gioco.
Non lamentiamoci né reclamiamo
Questo è il modo migliore per promuovere i cambiamenti.
Le lamentele possono imprigionarci in labirinti senza uscita.
Le persone emotivamente mature hanno imparato che siamo quello che pensiamo.
Riescono ad essere empatiche, senza caricarsi e/o assorbire le emozioni altrui
Hanno rispetto per sé e per gli altri. Hanno la capacità di relazionarsi nel miglior modo
possibile agli altri; sanno ascoltare, parlare e scambiare informazioni e opinioni. Hanno
imparato a guardare gli altri in modo generoso; abbiamo comportamenti diversi, ma
valori simili e tutti abbiamo il bisogno di essere accettati e amati a prescindere.
Smettiamo di lamentarci, di concentrarci su ciò che non ci piace.
Se qualcosa non ci va, attiviamo il coraggio, accettiamolo, se non è in nostro potere CAMBIARLO .
Accettiamo i nostri errori senza critica né punizione
Nessuno nasce imparato, sbagliare ci permette di vedere con maggior chiarezza e di
imparare dai nostri errori.
Le persone mature non si puniscono perché hanno dei limiti; semplicemente li accettano
e cercano di migliorare. Sanno che non sempre tutto va come vogliamo, ma ogni errore è
una buona opportunità per la propria crescita personale ed evoluzione.
Impariamo a guardare al nostro passato emotivo, accettando il dolore per poterlo
trasformare
Lasciarsi alle spalle il dolore del passato è assolutamente necessario per avanzare nel
nostro percorso emotivo.
Le erbacce crescono rapidamente; se non ripuliamo il nostro cammino, non vedremo
ciò che è vicino.
Le persone emotivamente mature conoscono l’importanza di vivere nel presente, ciò che
è già successo è successo, fa parte del passato e non lo possiamo cambiare, siamo invece
sempre in grado di accettare e accogliere il dolore che abbiamo provato, come parte
della nostra esperienza e della crescita emotiva.
Impariamo ad avere coscienza di ciò che pensiamo, sappiamo e proviamo
La maturità emotiva ci aiuta a comprendere meglio i nostri sentimenti e quelli degli
altri.
“Maturare è fare attenzione a ciò che si dice, rispettare ciò che si sente e meditare
su ciò che si pensa”
La chiarezza della maturità emotiva contrasta il caos mentale dell’immaturità e aiuta ad
affrontare i problemi quotidiani in modo efficace.
Impariamo ad aprirci a livello emotivo
Le corazze emotive appartengono al passato. È importante provare amore e fiducia in
noi stessi, credere e fidarsi degli altri.
Non cerchiamo la perfezione né in noi stessi e neppure negli altri.
Perdoniamo noi stessi e gli altri.
“Godiamo del tempo condiviso come di quello che trascorriamo da soli”.
La maturità emotiva è libertà emotiva, è vivere liberamente, avere la propria visione del
mondo e ascoltare il proprio cuore per seguire la strada migliore per noi stessi.
Sviluppando la maturità emotiva, la vita diventa un piacere e non un dovere.
La comunità è il riflesso dell’individuo
IL “crogiuolo” della comunità tende a ingigantire e a rispedire a noi stessi i nostri
comportamenti più distruttivi e nascosti, le nostre abitudini e attitudini più alienanti.
Ognuno diventa una lente di ingrandimento per l’altro e, più intenso è il nostro
disprezzo per alcuni atteggiamenti degli altri membri della comunità e più è probabile
che noi stessi li abbiamo (o li abbiamo avuti, odiati, rifiutati, negati, nascosti) anche
inconsapevolmente e ora, non ce ne rendiamo conto.
Più critichiamo qualcuno per queste colpe (debolezze) e più è probabile che stiamo
inconsciamente condannando noi stessi per il fatto di fare o poter fare lo stesso.
Attraverso un buon processo comunitario possiamo rendere più conscio questo effetto
reciproco di smussare, levigare e lucidare i nostri spigoli o aculei (come avviene alle
pietre di fiume a furia di entrare in contatto tra loro).
Tutto ciò è una sveglia per l’anima: una comunità sostenibile è basata su relazioni
sostenibili che ci nutrono, ravvivano e ispirano, mentre diventiamo noi stessi a
tutti gli effetti.
Man mano che ci apriamo agli altri con onestà e più in profondità, diventiamo sempre
più autentici e compassionevoli, con gli altri ma anche con noi stessi, più lasciamo
spazio alla crescita di persone felici e comunità serene.
Le difficoltà nell’essere chiari e compassionevoli con noi stessi e con gli altri, le difese e
gli ostacoli e le ferite, continueranno ad esserci, a ripresentarsi, alle volte in modo
dilagante, altre più debole, ma avranno sempre meno potere e, via via che ci si abitua
ad utilizzare questo tipo di comunicazione efficace e nutriente, ognuno diventa più
onesto con l’altro..
Comprendere di doversi prendere il tempo per fermarsi, rielaborare e affrontare
situazioni, incomprensioni, interpretazioni, conflitti e ferite che inevitabilmente
riemergono o nascono nel presente e fare spazio all’espressione del vissuto di ognuno
(buon processo) è essenziale per sentirsi connessi, al fine di evitare dannosi stalli,
salvare la comunità e farla crescere sana e prospera.
Affinché le nostre conversazioni migliorino le nostre relazioni (invece di peggiorarle o
rovinarle) occorre tempo, energia e la volontà di cambiare il modo in cui siamo abituati
a interagire con gli altri.
Anziché pronunciare parole, impariamo a condividere emozioni, bisogni, pensieri con
autenticità per permettere agli altri di conoscerci in profondità.
Le comunità maturano nel tempo,
col maturare dei singoli individui che le compongono.
Comunità matura
Una comunità può essere definita matura quando esiste un forte spirito comunitario e
sono stati integrati almeno due elementi strutturali importanti:
Metodi di autogoverno efficaci
Strumenti operativi per mostrarsi onestamente e affrontare i conflitti.
Una parte sostanziale del fare comunità consiste nel tentativo di ricercare soluzioni
vantaggiose per tutti.
Quando lo spirito comunitario e le strutture funzionali sono compresenti in un gruppo
maturo, è molto probabile che vi sia sostegno reciproco tra i membri, partecipazione ai
momenti di vita comunitaria, che i bambini si sentano inclusi e che i membri con
esigenze particolari ricevano la giusta assistenza e abbiano un posto riconosciuto nella
comunità.
Vivere il qui e ora è un metodo di guarigione interpersonale che aiuta le persone ad
aprirsi all’altro in modo onesto, autentico e profondo.
C’è bisogno di grandi cambiamenti e di affrontare i problemi in modo costruttivo.
Parlare in modo consapevole per aumentare benessere e armonia
Creare accordi di comunicazione e comportamentali espliciti (scritti)
Cerchi di condivisione profonda (Bastone parola, tempi uguali, ascolto, rispetto,
onestà)
Guardare al conflitto come opportunità
Io posso ritenere che comunità significa dare valore all’inclusione, perché da
piccolo avevo un disperato bisogno di essere accettato e non l’ho mai avuto
Mentre, per te, comunità significa libertà per tutti di fare ciò che si vuole,
perché da piccolo avevi un disperato bisogno di autonomia e non l’hai mai
avuta
Io posso ritenere che la parola crisi significhi camminare nel cambiamento,
abbandonare o trasformare vecchie e consolidate abitudini per svilupparne di
nuove più efficaci e costruttive, posso pensarle, affrontarle, percepirle e
viverle come “Crisi di guarigione” cioè crisi da benedire, da ascoltare e
comprendere, senza giudizio ma anche senza raccontarsi frottole. Un
percorso che suona così: accogliere, accettare, trasformare perché, da
piccola ho vissuto in una famiglia che viveva i momenti di crisi come
opportunità e crescita, ne faceva tesoro
Mentre, per altri, crisi significa depressione, perdita di lucidità, pesantezza,
crisi di valori, perdita perché da piccoli, nella famiglia di origine, hanno
vissuto le crisi come caos, cambiamento negativo, perdita, malattia,
fallimento, crisi come qualcosa che ha come conseguenza la fine di ciò che è
stato piacevole, forse anche come conseguenza la morte
“Crisi di guarigione” che in medicina allopatica come nell’omeopatia sono il segno che la terapia
intrapresa è quella giusta e per questo motivo non deve essere interrotta, bensì supportata da uno stile di
vita che aiuti il corpo nel tuo processo naturale di riequilibrio e di ripristino dello stato di salute.
Una cosa molto simile accade utilizzando il Reiki: i trattamenti smuovono i blocchi energetici, dati dai
traumi, quindi, innescano una pulizia energetica, che a volte si manifesta con un riaffiorare degli eventi
vissuti e anche con un peggioramento fisico all’organo interessato o all’area corrispondente al sentimento
in questione (paura, rabbia etc.), o anche l’intensificarsi di reazioni corporee.
Questo spesso spaventa, e la crisi momentanea viene scambiata per ricaduta.
Occorre quindi sapere che queste crisi sono invece crisi di guarigione, che costituiscono una pausa per
riprendere energie, per rielaborare i miglioramenti ottenuti, per prendersi il tempo che serve e che spesso
la persona non si concede. Sono esattamente piccoli eventi creativi, che, seppur sofferti e fastidiosi,
vanno collocati all’interno di un percorso di rinascita e non vanno vissuti come cadute, ma come ulteriore
passo verso la via del ritorno alla Vita. La crisi sta chiedendo di confermare l’intento di Guarigione, sta
chiedendo il Tempo di rallentare la corsa verso l’esterno, per occuparsi del Dentro, migliorando il sonno e
la qualità della vita quotidiana.
Di conseguenza finiamo per discutere ferocemente di ciò che significano le parole
comunità, crisi
Cosa possiamo fare?
Possiamo sviluppare buone capacità comunicative e di processo, imparare ad accettare
e ad accogliere le diversità di opinioni, le critiche, ad apportare correzioni in corsa
quando è necessario (flessibilità), trovare modi per guarire le nostre ferite e gestire in
modo costruttivo il conflitto o il disaccordo.
Possiamo esprimere il nostro sentito in relazione all’agito degli altri, soprattutto
quando comportamenti e parole ci feriscono o creano in noi rabbia, disagio, paura
perché ciò spesso significa che la situazione ha risvegliato qualcosa in noi, qualche
ferita del passato, ha toccato un tasto dolente, qualcosa che è ancora particolarmente
vivo dentro di noi, qualcosa che ha bisogno di attenzione e cura (questo è quello che
avviene in comunità).
Possiamo
Donare comprensione,
Accogliere il sentire (dolore o disagio) dell’altro
Mettere in campo la volontà di ascoltare il punto di vista dell’altro,
Darsi la possibilità di cambiare opinione
Stimolare, chiedere e aprirsi al confronto che, la maggior parte delle volte, dona un arrichimento reciproco
e, ove non vi fosse questa volontà reciproca (rifiuto):
Prendere distanza da consigli e giudizi gratuiti, spesso pesanti o taglienti, guardandoli
come “problemi” dell’altro e donando empatia
“Abbiamo imparato che sono le piccole cose, i piccoli risentimenti, i giudizi che
pervadono sottilmente, minacciano e limitano il grado di benessere delle nostre
relazioni. Anche un granello di sfiducia può impedirci di essere totalmente onesti l’un
l’altro. Se non si chiarisce il punto, è facile che si generi una spirale verso il basso che
porta a malintesi, delusione, maggior risentimento e conflitto”.
Larry Kaplowitz
La comunità favorisce sempre, non ostacola mai la crescita individuale e l’evoluzione
personale
Chi vuole guarire deve essere disposto a guardare il film della sua vita e ricercare con
onestà e chiarezza tutti i vuoti di amore e cominciare a riempirli con le proprie mani.
L’adulto deve fare pace con sé stesso e gli altri e smettere di colpevolizzare o fare la
vittima, smettere di giudicare, di ferire, di odiare sé stesso e gli altri, smettere di
chiudere la propria vita in un personaggio che fa o dice esattamente ciò che ci si aspetta
da lui/lei.
Migliorare significa imparare ad amarsi, a onorarsi, a rispettarsi e in rifermento agli
altri: amarli, onorarli, rispettarli. Questa è maturità emozionale, questa è reciprocità.
Per ritornare in un equilibrio di salute e ben-essere psicofisico occorre cambiare le
abitudini e le convinzioni che hanno generato i blocchi. Le aspettative che la mente crea
sono falsate dal processo stesso che ha generato la malattia. Qualunque disturbo e
qualunque problema dell’esistenza hanno una ragione di esistere, che occorre
comprendere se si vuole liberarsene.
La comunità favorisce la fiducia in se stessi, aiutandoci a essere più sereni, ottimisti e
maturi emozionalmente.
Chi fa bene a una comunità
Coloro che non ne hanno bisogno.
Le persone che sono soddisfatte della propria vita sono quelle che hanno più probabilità
di prosperare e contribuire alla comunità.
Qualcuno con un sano senso di sé
Le persone con maturità emotiva e autostima, che sanno cosa vogliono e conoscono i
propri punti di forza e le proprie debolezze e che cercano loro stessi una crescita
personale, tendono a stare bene in comunità.
Qualcuno che sia aperto e capace di ascoltare altri punti di vista.
La persona aggressiva e competente o quello che sa istintivamente cose è meglio e
prende rapidamente decisioni tenderà a sentirsi frustrato e impaziente nella comunità,
fino a che anche a lui non diventino familiari il processo decisionale, comunicativo e
cooperativo. Successivamente una persona di questo tipo può prosperare in una
comunità e contribuire molto al suo successo.
Qualcuno con un senso di vicinanza agli altri e un interesse nel
benessere degli altri.
Ovviamente una persona che ha fiducia nella società e cui piacciono le persone, sta
bene in comunità, ma chi è timido o ha una tendenza naturale alla solitudine, potrebbe
avere delle difficoltà all’inizio.
Potrebbe essere insensibile alle esigenze altrui e non avere idea di che cosa ci si aspetta
da lui.
Con un sufficiente impegno e volontà, queste persone possono usare la comunità come
un’opportunità per imparare e diventare membri a tempo pieno.
Qualcuno che accetta gli accordi di gruppo.
Qualche persona difende fieramente la propria autonomia, trova inquietante l’idea di
interdipendenza con altri e tende a fuggire se le viene chiesto di seguire regole o di
eseguire un compito.
Di nuovo, con sufficiente impegno e volontà, queste persone possono cambiare da una
coscienza di io ad una di noi senza perdere il proprio sé.
Fa bene sentirsi interdipendenti con gli altri, anche se per alcuni ci vuole un certo
grado di autostima e fiducia.
Qualcuno che vuole parlare francamente.
Chi ha desiderio di prendere l’iniziativa e lo dichiara anche in disaccordo con altri, e
chiede ciò che vuole, non pretende e si confronta, tende a funzionare bene in
comunità.
Qualcuno che vuole ascoltare ed essere tranquillo.
Le persone che sanno sempre cosa è meglio o che sono dinamiche, attive e piene di idee
potrebbero aver bisogno di ridurre questa energia specie negli incontri di gruppo al fine
di lasciar parlare anche gli altri.
Tutto ciò è solo l’inizio.
Voi, i vostri amici siete pionieri nel vero senso della parola.
La scelta di vivere in modo cooperativo con gli altri, condividere le risorse e sviluppare
un modo di vita più armonioso e sostenibile ha il potenziale di poter beneficiare anche
altri.
Tramite piccoli e lenti miglioramenti, man mano che le persone vengono conoscenza
della vostra comunità e la visitano, saranno influenzati dalla visione di insediamenti
umani che sono potenzialmente così invitanti che possono davvero fare la differenza
nella nostra società e cultura.
Un possibile ciclo di vita per i gruppi
Ci baseremo su un lavoro sviluppato da Scott Peck, un pioniere nel mondo delle
comunità cristiane di base, che sviluppò un lavoro sulle tappe della creazione e sviluppo
delle comunità.
Come qualsiasi altra relazione, i gruppi iniziano con una fase di seduzione più
mondana, durante la quale mostriamo agli altri la nostra parte più luminosa o, in altri
termini, solo le parti che crediamo possano piacere agli altri.
È qualcosa di simile all’innamoramento.
Poco a poco, inizieremo a poter vincere questa bidimensionalità che presuppone il
mostrarci in modo tanto controllato, e cominceremo a scoprire anche quello che ci
mette alla prova e ci risulta difficile degli altri.
Arriverà il momento del caos, della confusione, del disincanto…
Quando iniziamo a liberarci del desiderio di piacere, possiamo iniziare ad accettarci
veramente, a costruire il legame e a poterci mostrare e incontrare con gli altri.
E per questa via, poco a poco, con molto va e vieni, incontreremo poco a poco
l’intenzione comune del gruppo e accederemo al potere collettivo come gruppo.
L’evoluzione di un gruppo non è lineare, ma ciclica.
Questo vuol dire che, per esempio, ogni volta che un gruppo apre i suoi confini, tornerà,
anche se per meno tempo, a questa fase di innamoramento, fino a capire come
riconfigurarsi rispetto alla nuova situazione.
Quanto più allenato e cosciente è un gruppo, minore sarà questo tempo.
Allo stesso modo, in questa evoluzione ciclica dei gruppi, quando il gruppo si incontra
con qualcosa di sconosciuto e che lo mette alla prova, a volte torneranno il caos e il
vuoto.
Questi momenti ciclici di vuoto ci portano alla necessità di riflettere come gruppi,
di essere creativi per ricostruirci e di vedere cosa possiamo trasformare per
facilitare l’evoluzione nostra e del gruppo (flessibilità, accettazione e comprensione del cambiamento
modo, il vuoto è lo spazio del lasciar andare per lasciar venire, perché il
vuoto è pieno di possibilità e in sé contiene tutto.
È un momento prezioso per l’evoluzione e l’apprendimento e, allo stesso tempo, i gruppi
e le persone non possono restare nel vuoto in maniera prolungata, poiché serve un
terreno che li sostenga.
Un altro strumento, basato sui cicli di vita organizzativi.
Questa visione ci permette di
vedere le diverse tappe del
cambiamento che fanno parte della
vita di un gruppo.
Non si tratta di un processo lineare
né di un percorso con solo due
ramificazioni (quelle di crescere in
determinato modo o morire)
Sono semplicemente indicazioni dei
rischi o conflitti abituali dei gruppi
in determinati momenti della
propria storia di vita.
La mappa del ciclo di vita dei gruppi (basato sul lavoro di Scott Peck e Tuckman
e Forsyth).
Nel momento di stabilità, nella parte superiore della curva, appaiono altri cammini, che
pochi gruppi sviluppano.
Si tratta di altri sentieri, di pietre miliari o di tappe basate sulla trasformazione del
mondo conosciuto fino ad ora dalle persone e dai gruppi, spazi ancora da esplorare: il
cambiamento di ideologia del gruppo, essere capace di superare i sistemi di
dominazione-sottomissione per creare sistemi di equivalenza e diversità, dove si esprima
il femminile e si disegnino nuovi spazi di gruppo inclusivi, un nuovo paradigma di
processi e partecipazione di gruppo.
Mettiamo in chiaro che intendiamo stabilità come qualcosa di dinamico: i gruppi, come
sistemi viventi non giungono a uno stato di equilibrio stazionario; quella situazione in cui
non cambia nulla altro non è che la morte.