la casa senza elettrosmog !!!
Elettrosmog COSA È DAVVERO?
Le attuali tecnologie sono diventate una fonte di onnipresente inquina-
mento elettromagnetico, o “elettrosmog”, generato dai campi elettromagnetici
e dalla conseguente radiazione elettromagnetica. In molti casi, questo in-
quinamento è assai più forte di qualsiasi fonte naturale di campi elettro-
magnetici o radiazioni, quale ad esempio il Sole e le stelle. La Terra stes-
sa, del resto, genera un campo magnetico naturale.
A questi campi elettromagnetici di origine naturale si sono sommati, con
l‟inizio dell‟era industriale, quelli artificiali, strettamente connessi allo svi-
luppo scientifico e tecnologico; per esempio, nell‟ambiente, quelli gene-
rati dagli elettrodotti, dagli impianti di telecomunicazione e dai telefoni
cellulari. Anche all‟interno degli ambienti domestici e lavorativi sono
presenti campi elettromagnetici: tutti gli apparecchi alimentati con ener-
gia elettrica sono sorgenti di campi elettrici e magnetici.
Le comunicazioni wireless e radio, la trasmissione di energia o i disposi-
tivi di uso quotidiano – come ad es. smartphone, tablet e computer por-
tatili – ci espongono ogni giorno all’inquinamento elettromagnetico. Il
danno causato da questo inquinamento è stato a lungo oggetto di discus-
sione anche perché, come si può capire, vi sono elevati interessi in gioco;
e ciò nonostante il fatto che i campi elettromagnetici siano stati da alcuni
anni classificati ufficialmente come “possibili cancerogeni”.
Lo spettro elettromagnetico e le radiazioni non ionizzanti
I campi elettromagnetici hanno origine dalle cariche elettriche e dal mo-
vimento delle cariche stesse (corrente elettrica). L‟oscillazione delle cari-
che elettriche – ad es. in un‟antenna o in un conduttore percorso da cor-
rente – produce campi elettrici e magnetici che si propagano nello spazio
sotto forma di onde elettromagnetiche. Le onde elettromagnetiche sono
18
caratterizzate dalla frequenza, che è il numero di oscillazioni compiute in 1
secondo dall‟onda e si misura in cicli al secondo, o hertz (Hz).
Un campo elettromagnetico non è altro che un‟alterazione naturale o ar-
tificiale di una porzione di spazio dal punto di vista elettromagnetico. Vi
è una distinzione pressoché basilare fra campi elettromagnetici ad alta fre-
quenza (10 kHz – 300 GHz), fra i quali rientrano ad esempio i campi ge-
nerati dagli impianti radio-TV e di telefonia mobile, e campi a bassa fre-
quenza (0 Hz – 10 kHz), fra i quali rientrano ad esempio i campi generati
dagli elettrodotti, che emettono campi elettici e magnetici a 50 Hz (in
Italia, mentre sono 60 Hz negli Stati Uniti).
Questa distinzione è necessaria in quanto le caratteristiche dei campi in
prossimità delle sorgenti variano al variare della frequenza di emissione,
così come variano i meccanismi di interazione di tali campi con gli esseri
viventi e quindi le possibili conseguenze per la salute. Lo spettro elet-
tromagnetico rappresenta la classificazione di tutte le onde elettromagne-
tiche in base alla loro frequenza. Tale spettro può essere suddiviso in due
parti: radiazioni “non-ionizzanti” e radiazioni “ionizzanti”.
Lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche. Le radiazioni non-ionizzanti, presenti
nella parte sinistra e centrale dello spettro, sono quelle responsabili dell’inquinamento
elettromagnetico.
19
Le radiazioni non-ionizzanti comprendono le frequenze da 0 a 1015 Hz,
fino alla luce visibile; l‟energia da esse trasportata non è sufficiente a io-
nizzare gli atomi e a rompere i legami atomici, cioè a rimuovere un elet-
trone da un atomo o da una molecola. Le radiazioni ionizzanti, invece,
coprono la parte dello spettro con frequenza maggiore a circa 1015 Hz (o
1000 THz), dalla luce ultravioletta ai raggi gamma; la loro energia è suffi-
ciente a ionizzare gli atomi o le molecole ed a rompere i legami atomici.
All‟interno dello spettro delle radiazioni non-ionizzanti, che sono quelle
responsabili dell‟inquinamento elettromagnetico, possiamo distinguere
due importanti regioni: quella delle radiofrequenze (RF) che si estende da
10 KHz a 300 GHz; e un suo sottoinsieme, la regione delle microonde, che
è quella compresa tra le gamme superiori delle onde radio e la radiazione
infrarossa: ovvero, da una frequenza di circa 1 GHz, pari a 1000 MHz e
corrispondente a una lunghezza d‟onda di 30 cm, a circa 300 GHz.
La suddivisione delle radiofrequenze. (fonte: www.radioamatore.info)
Le stazioni radio AM commerciali, in particolare, operano a frequenze
comprese fra i 535 e i 1605 kHz (entro la banda HF), mentre le stazioni
radio FM commerciali lavorano a frequenze più alte: il range varia da 88
a 108 MHz (dunque nella banda VHF, la stessa usata dalle forze
dell‟ordine). La TV digitale trasmette in VHF (da 55 a 210 MHz circa) e
in UHF (fra 500 e 750 MHz circa). Invece, i ponti radio utilizzano fre-
quenze di solito assai più alte, comprese fra i 2 GHz e gli 80 GHz, so-
stanzialmente come i radar ed i satelliti.
20
I principali impieghi delle onde radio nelle varie bande.
In Italia, i telefoni cellulari operano in bande a varie frequenze per co-
municare con la stazione radio base: 800 MHz (4G o LTE), 900 MHz
(2G/3G, o GSM-UMTS), 1,8 GHz (2G/4G, o GSM-LTE), 2,1 GHz
(3G o UMTS), 2,6 GHz (4G o LTE). Un router Wi-Fi come quelli pre-
senti nelle nostre case, invece, opera – come del resto il protocollo di
comunicazione senza fili noto come “bluetooth” – nella banda a 2,4
GHz (la stessa di un forno a microonde, che lavora a 2,45 Ghz), ed i
modelli di router più recenti anche a 5 GHz.
Nell‟autunno 2018, si è conclusa in Italia la prima fase dell‟asta per
l‟assegnazione delle frequenze 5G, relative alla banda a 700 Mhz, attual-
mente occupata dal segnale TV del digitale terrestre, e che dovrà essere
liberata a partire dal 1° gennaio 2020 ed entro il 2022 (implicando il re-
stringimento delle frequenze disponibili per il digitale terrestre e il pas-
saggio di quest‟ultimo al sistema Dvb-T2, cosa che richiederà peraltro la
sostituzione dei “vecchi” televisori entro il 30 giugno 2022).
La banda a 700 MHz è la più interessante per i gestori della telefonia
mobile poiché permette di raggiungere tutto il territorio italiano con la
banda ultralarga, con una diffusione capillare della rete, ideale per i servizi
dell‟“Internet delle cose”. Restano invece ancora da assegnare i blocchi
di frequenze per il 5G nelle bande a 3,7 GHz ed a 26 GHz. Si noti che
la “torta” legata al 5G è stimata ammontare a 225 miliardi di euro di
guadagni entro il 2025, per gli operatori privati di telefonia a livello
mondiale, con solo “briciole” per i Governi nazionali.
21
La crescita esponenziale dell’inquinamento elettromagnetico
A partire dagli ultimi anni del Novecento, con l‟avvento della tecnologia
wireless – cioè, in pratica, dei cellulari, delle antenne di telefonia mobile,
del Wi-Fi, etc. – il campo elettromagnetico di fondo al quale siamo espo-
sti è cresciuto enormemente: la figura qui sotto, in particolare, mostra
come l‟esposizione ad esso sia aumentata in maniera esponenziale. Negli
Stati Uniti, ad esempio, si è passati da circa 10 milioni di telefoni cellulari
negli anni Novanta agli attuali quasi 300 milioni; in Italia, nel 1996 – cioè
una ventina di anni fa – erano soltanto 4 milioni, mentre adesso ce ne
sono più di 50 milioni, e 6,6 miliardi nel mondo.
L’aumento esponenziale dell’esposizione al campo elettromagnetico di fondo con
l’avanzamento tecnologico degli ultimi 100 anni, e alcuni degli effetti sanitari a breve
o a lungo termine associati. (fonte: E. Kelley)
Nella figura qui sotto vediamo, in particolare, come si siano diffusi rapi-
damente gli hot-spot Wi-Fi negli Stati Uniti dal 2002 al 2012. E stiamo
parlando soltanto degli hotspot Wi-Fi. La nascita di questa grandissima
macchia viola nella parte ovest degli USA è esattamente ciò che sta acca-
dendo oggi in Europa e in Italia, dove stanno proliferando in maniera
pressoché esponenziale il Wi-Fi, le stazioni radio base della telefonia
mobile, i cellulari con le varie tecnologie 2G, 3G, 4G ed a breve anche
22
5G, etc. In più, l‟Italia risulta al primo posto fra i Paesi d‟Europa per
l‟utilizzo del telefonino (122 apparecchi ogni 100 abitanti).
La crescita esponenziale degli hotspot Wi-Fi negli USA nell’arco di soli 10 anni.
In Italia abbiamo oltre 60.000 antenne di stazioni radio base della telefo-
nia mobile e 24.000 hotspot Wi-Fi in spazi pubblici. L‟immagine seguen-
te rappresenta in modo molto paradigmatico come si potrebbe “vedere”
il campo elettromagnetico nelle città con l‟avvento della tecnologia 5G
per l‟“Internet delle cose”: infatti, le persone elettrosensibili lo sentono,
ma le altre no. Come vediamo, per la densità di antenne previste e per la
banda millimetrica usata, non ci sarà più un solo millimetro di spazio nel
quale potremo dire di essere certi di non essere esposti ai campi elettro-
magnetici, con tutte le conseguenze del caso.
La situazione attuale non ha precedenti per la complessità e varietà delle
frequenze modulate che trasportano le informazioni sempre più nume-
rose che trasmettiamo sui nostri telefoni cellulari, smartphone e sistemi
Wi-Fi. Questi campi elettromagnetici non sono stati testati nei loro effet-
ti a lungo termine sugli esseri umani. Il neuroscienziato svedese Olle Jo-
hansson, che insegna al rinomato Istituto Karolinska di Stoccolma, dice
che “la saturazione di massa nei campi elettromagnetici solleva terribili
domande”. Ma da qualche anno cominciamo ad avere delle risposte, e
come vedremo non sono affatto tranquillizzanti.
23
L‟uomo ha impiegato milioni di anni per adattarsi al campo elettroma-
gnetico naturale di fondo. Ma, negli ultimi vent‟anni, gli abitanti dei Paesi
industrializzati sono stati esposti a un “brodo” di radiazioni elettroma-
gnetiche artificiali modulate e talvolta pulsate. Come può l‟uomo adattar-
si a un cambiamento così rapido? In particolare i bambini, per le loro ca-
ratteristiche anatomico-funzionali, hanno un grado di rischio di amma-
larsi a causa delle alte e basse frequenze davvero elevato.
Un’immagine di come potrebbe apparire il campo elettromagnetico prodotto dalla rete
5G che si va progettando nel mondo se fosse visibile a occhio nudo.
Non stupisce, quindi, che Marshall e Wetherall abbiano trovato negli Sta-
ti Uniti un aumento esponenziale di autismo, ADHD (Disturbo da Defi-
cit di attenzione e Iperattività), sindrome di stanchezza cronica e Al-
zheimer fin dal 1984, l’anno dell‟installazione delle prime celle delle reti
telefoniche che hanno iniziato a diffondersi attraverso dapprima in que-
sto Paese d‟Oltreoceano. Tale trend è aumentato ulteriormente con il
passaggio dall‟analogico (1G) al digitale (2G) nei primi anni ’90. Come
avrete capito, forse vale la pena di iniziare ad approfondire l‟argomento
degli effetti biologici e sanitari dei campi elettromagnetici.
Gli effetti sanitari delle alte e delle basse frequenze
I campi elettromagnetici che possono indurre una reazione nelle cellule
24
e/o nei delicati meccanismi elettromediati del nostro corpo – e dunque
potenziali effetti sanitari – includono: (1) i campi elettrici e magnetici a
bassa frequenza (ad es. quelli di elettrodotti, linee elettriche di casa, etc.);
(2) le distorsioni a media frequenza dell’elettricità domestica (o “elettricità
sporca”, ad es. quella prodotta dai sistemi a onda convogliata); (3) le on-
de radio ad alta frequenza (telefonia mobile, Wi-Fi, radio e TV, etc.).
Alcune sorgenti di elettrosmog associate ai tre principali intervalli di frequenze e.m.
Uno dei maggiori esperti degli effetti biologici e sulla salute umana dei
campi elettromagnetici è stato il fisico neozelandese Neil Cherry, un me-
ta-analista che finché non è morto, nel 2003, ha studiato oltre 600 studi
scientifici per capire quali fossero questi effetti. Nella sua carriera di me-
ta-analista, egli trovò che tali campi causano rotture del DNA, aberrazio-
ni cromosomiche, un aumento dell‟attività oncogena nelle cellule, altera-
zioni dell‟attività del cervello, alterazione della pressione sanguigna e au-
mento del cancro al cervello a livelli di intensità di campo molto bassi,
assai più bassi di quelli consentiti dalla legge.
Trovò anche che essi hanno un impatto sulla ghiandola pineale nel cer-
vello, provocando una riduzione della melatonina – una parte vitale di
molti dei sistemi biochimici del corpo, compresa la mediazione di molte
funzioni ormonali (incluso il controllo del peso) e un importante “spaz-
zino” dei dannosi radicali liberi, il cui eccesso può innescare lo sviluppo
di tumori. Cherry ha anche scoperto che le microonde possono aprire la
cosiddetta “barriera emato-encefalica”, permettendo a prodotti chimici
dannosi, virus e batteri l‟ingresso nel cervello, il che può causare proble-
mi come demenza e tumori cerebrali.
Questi risultati sono stati non soltanto replicati molte volte da allora, ma
hanno dimostrato di essere profetici: cancro, leucemia, malattie cardia-
che, diabete, disturbi del sonno, demenza, guadagno o perdita di peso,
indebolimento immunitario sistema, asma, allergie, artrite, nausea, me-
25
moria e concentrazione problemi, patologie neurologiche e depressione
– sono tutte in forte aumento. Il dott. Cherry fu sorpreso di scoprire
come molte delle ricerche pubblicate dimostrassero che – attraverso l’in-
tero spettro elettromagnetico – il danno viene fatto al DNA cellulare,
rendendolo genotossico e quindi questo semplice meccanismo potrebbe
essere implicato nella formazione di tumori e di altre malattie.
In generale, i possibili effetti sanitari dell‟esposizione alle onde elettro-
magnetiche sono di tre tipi: effetti a breve termine (1-elettrosensibilità) ed
effetti a lungo termine, che includono (2) tumori e (3) altre patologie croni-
che (ad esempio, infertilità e malattie neurodegenerative). Naturalmente,
diversi tipi di campi elettromagnetici e/o di radiazioni elettromagnetiche
sono responsabili di diversi tipi di fenomeni che possono essere osservati
come risultato dell’esposizione alle radiazioni.
I tre principali tipi di effetti sanitari dell’esposizione alle onde elettromagnetiche.
Il numero di persone sofferenti di elettrosensibilità – o elettro-
ipersensibilità (EHS), come si dice in gergo medico – è in notevole au-
mento in Europa e in particolare in Italia, e molte di loro presentano sin-
tomi gravi o parzialmente invalidanti, anche se non sempre è facile dia-
gnosticarla poiché i sintomi possono apparire in ritardo rispetto
all‟esposizione (v. Capitolo 8). Martin Pall, professore emerito di bio-
chimica alla Washington State University (USA), ha spiegato le cause
26
biochimiche dell‟elettrosensibilità, che è il risultato di reazioni avverse
all‟apparenza incomprensibili a un profano della materia.
In effetti, tutti gli esseri umani sono organismi elettrochimici. Il cervello,
il cuore e l’intestino sono sistemi di organi attivati elettricamente e chi-
micamente, per non parlare dei canali ionici regolati dalla tensione pre-
senti sulle membrane cellulari, in cui un segnale elettrico può far sì che
delle sostanze chimiche entrino nella cellula modificandone la sua fun-
zione. In quanto tali, siamo tutti potenzialmente “elettrosensibili”. Di
conseguenza, l‟imminente diffusione della tecnologia 5G si presenta –
già solo per la densità delle antenne prevista – come un “esperimento
sulla salute di tutti noi” (v. Capitolo 11).
Pertanto, come sottoscritto nel 2013 da un gruppo internazionale di
scienziati in un convegno su “Radar, radiofrequenze e rischi per la salu-
te”, “occorre tenere le fonti di radiofrequenza il più distante possibile
dalle aree residenziali. Per le radiofrequenze pulsate – come radar e an-
tenne WiMAX – la distanza dalle fonti elettromagnetiche dovrebbe esse-
re anche maggiore, perché hanno maggiori effetti biologici dei segnali
non pulsati. Inoltre, gli impianti Wi-Fi non dovrebbero venire posiziona-
ti nelle scuole e nelle aree pubbliche, perché questi emettono campi elet-
tromagnetici con caratteristiche simili ai segnali pulsati”.
Il discusso radar militare di Potenza Picena (Macerata).
27
Infine, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classi-
ficato i campi elettromagnetici a bassa frequenza tra gli “agenti possibili
cancerogeni per l‟uomo” (gruppo 2B). Alcuni studi epidemiologici, infat-
ti, hanno indicato che può esistere un collegamento tra esposizione a
campi elettrici e magnetici a frequenza di rete (50 Hz) ed alcuni tipi di
cancro, in primo luogo la leucemia ed il cancro al cervello, a partire da un
determinato valore di campo magnetico (0,3-0,4 μT). Altri studi non
hanno trovato tale collegamento, ma ci sono stati interessanti sviluppi
recenti sull‟argomento (v. Capitolo 19). Perciò è giustificata l’applicazio-
ne del principio di precauzione e l’obiettivo di mantenere l’esposizione
della popolazione e dei lavoratori ai più bassi livelli realizzabili.
Posizioni ufficiali sull’argomento e conflitti di interesse
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha, alcuni anni
fa, classificato anche i campi elettromagnetici a radiofrequenza tra gli “a-
genti possibili cancerogeni per l‟uomo” (gruppo 2B). Infatti, nel maggio
2011, la IARC – e alcuni anni dopo l‟Organizzazione Mondiale della Sa-
nità (OMS) – hanno qualificato i campi elettromagnetici a radiofrequen-
za come possibile causa dell‟aumento del rischio di sviluppare un tumore
maligno del cervello, il glioma, che è principalmente associato all’uso di
telefoni cellulari, come risulta sia dagli studi epidemiologici (v. Capitolo
10) sia da quelli compiuti sugli animali.
Dopo un decennio di utilizzo del cellulare, il rischio di ottenere un tumo-
re al cervello sale fino al 40% per gli adulti. Addirittura, uno studio indi-
pendente condotto da scienziati in Svezia ha concluso che le persone che
hanno iniziato a usare un telefonino prima dei 20 anni avevano una pro-
babilità cinque volte maggiore di sviluppare un tumore al cervello. Inol-
tre, secondo uno studio pubblicato sull’International Journal of Cancer Pre-
vention, le persone che vivono per più di un decennio molto vicino a una
torre di telefonia cellulare possono sperimentare un aumento finanche di
quattro volte delle percentuali di cancro.
La decisione (peraltro possibilista) della IARC è stata presa – e fra poco
non sarà difficile capire il perché – solo a seguito di molteplici avverti-
menti, principalmente da parte dei regolatori europei, sui possibili rischi
per la salute dei campi elettromagnetici. Già nel settembre 2007 il princi-
pale osservatore ambientale europeo, ovvero l’Agenzia Europea per
28
l’Ambiente, aveva suggerito che “l’esposizione massiccia non regolamen-
tata degli esseri umani alle radiazioni a radiofrequenza diffuse potrebbe
portare a una crisi sanitaria simile a quella causata dall’amianto, dal fumo
e dal piombo nella benzina”.
Lo stesso anno, il Ministero dell‟ambiente tedesco aveva individuato i
pericoli dei campi elettromagnetici a radiofrequenza (nella regione delle
microonde) utilizzati nei sistemi Wi-Fi, osservando che le persone do-
vrebbero mantenere l’esposizione al Wi-Fi “la più bassa possibile” e in-
vece scegliere “connessioni cablate”. Nel 2008, la Francia ha emesso un
avvertimento nazionale per la salute contro l’eccessivo uso del cellulare e,
un anno dopo, ha annunciato il divieto della pubblicità di telefoni cellula-
ri per bambini di età inferiore ai 12 anni.
Negli Stati Uniti, l’organizzazione di lobbying dell’industria dei telefoni
cellulari, la “CTIA-The Wireless Association”, assicura al pubblico che le
radiazioni dei telefoni cellulari sono sicure, citando studi – molti dei quali
finanziati dall’industria delle telecomunicazioni – che non mostrano al-
cun rischio. Ma le meta-analisi di centinaia di studi sull‟argomento, pub-
blicate su riviste peer-reviewed, suggeriscono che i finanziamenti del settore
tendono a distorcere i risultati. Secondo un articolo di rassegna di Henry
Lai, un ricercatore dell’Università di Washington, solo il 28% degli studi
finanziati dall’industria wireless ha mostrato un qualche tipo di effetto
biologico dalle radiazioni dei telefoni cellulari.
Nel frattempo, gli studi finanziati in modo indipendente producono un
insieme di dati completamente diversi: il 67% di quegli studi ha mostrato
un bioeffetto. La Safe Wireless Initiative, un gruppo di ricerca sito a Wa-
shington, che da allora ha scaricato e decompresso i dati di centinaia di
studi sui rischi per la salute wireless, classificandoli in base alla fonte di
finanziamento ha osservato: “I nostri dati mostrano che il lavoro finan-
ziato / influenzato dal settore della telefonia mobile ha sei volte più pro-
babilità di non trovare nessun problema rispetto al lavoro finanziato in
modo indipendente. L’industria ha quindi contaminato significativamen-
te l‟insieme di prove scientifiche”.
Già nel 2003 la trasmissione Report di Rai 3 aveva evidenziato i conflitti
di interesse di molti degli autori degli studi “negazionisti” sul nesso di
causa tumori-telefonia, legame illustrato ancor meglio nella puntata del
29
27/11/2018. E, come spiega il giornalista d‟inchiesta Maurizio Martucci
in un suo recente libro, “lo studio che viene usato come testa d‟ariete
contro chi suggerisce un approccio precauzionale” è lo studio Interphone,
che ha coinvolto 13 Paesi ma che, “oltre ad essere stato finanziato per il
30% dalle maggiori compagnie di telefonia mondiale, contiene clamorose
distorsioni ed errori sia nella progettazione che nell‟esecuzione della ri-
cerca”, molti dei quali evidenziati dallo stimato oncologo-epidemiologo
svedese Lennart Hardell (Carlberg e Hardell, 2017).
L’abstract di uno dei due esemplari articoli in cui lo stimato scienziato Lennart Har-
dell spiega i conflitti di interesse del “sistema”.
Infine, come spiega Hardell, “i due organismi internazionali che fissano
le linee guida sull’esposizione per i lavoratori e per il pubblico generale –
ovvero la Commissione internazionale per la Protezione dalle radiazioni
non ionizzanti (ICNIRP) e l’Istituto di Ingegneri Elettrici ed Elettronici
(IEEE) – sono, la prima, un’organizzazione privata (ONG) con sede in
Germania che seleziona i propri membri e la sua fonte di finanziamento
è non dichiarata; la seconda, invece, è la federazione di ingegneri più po-
tente del mondo. I suoi membri sono (o sono stati) impiegati in aziende
o organizzazioni che sono produttori o utenti di tecnologie che dipen-
dono dalle radiazioni elettromagnetiche, come ad esempio le società elet-
triche, l’industria delle telecomunicazioni e le organizzazioni militari”.
30
31
CAPITOLO 2
LE FONTI ESTERNE DI INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO
Oggi siamo esposti a una miriade di fonti di inquinamento elettromagne-
tico di origine artificiale. Una prima classificazione può distinguerle in
sorgenti ambientali e personali. Una migliore e più utile classificazione può
distinguerle in tre tipi: (1) outdoor, o esterne agli edifici, in analogia alle
sorgenti di inquinamento dell‟aria; (2) indoor, o interne agli edifici, sempre
in analogia alle sorgenti di inquinamento dell‟aria; (3) mobili, come ad e-
sempio i telefoni cellulari o altri dispositivi “mobile”.
Le fonti di inquinamento elettromagnetico outdoor si distinguono, a loro
volta, in: (a) sorgenti a bassa frequenza (elettrodotti, cabine di trasforma-
zione, linee elettriche minori, che in Italia lavorano a 50 Hz); sorgenti a
radiofrequenza, che comprendono una varietà di impianti di comunicazio-
ne unidirezionali (radio e televisione, radar) e bidirezionali (ponti radio e
stazioni radio base della telefonia mobile), che lavorano a frequenze di-
verse ma comunque comprese nell‟intervallo 10 kHz-300 GHz.
Vi sono poi le fonti di inquinamento indoor, come ad esempio quelle pre-
senti nell‟ambiente professionale (ad es. motori, trasformatori elettrici,
etc.) o domestico (telefoni cordless, fornelli a induzione, forni a micro-
onde, televisione, elettrodomestici e apparecchi elettronici vari, dai baby
monitor alle lampadine a risparmio energetico), delle quali trattiamo in
dettaglio in un altro articolo. Infine, vi sono le fonti di inquinamento mo-
bili, che comprendono ad es. cellulari, smartphone, tablet, notebook, ma
anche le autoradio (taxi, forze dell‟ordine, ambulanze, etc.), etc.
Sorgenti di campi a bassa frequenza: gli elettrodotti
Le sorgenti di campi elettrici e magnetici a 50 Hz di maggior interesse
per l‟esposizione della popolazione generale sono le linee elettriche di
alta e media tensione e le cabine elettriche secondarie. Quando si parla di
32
elettrodotto, infatti, ci si riferisce alle linee elettriche (aeree e/o interrate), e alle
relative cabine di trasformazione. Gli elettrodotti producono campi elettrici e
magnetici lentamente variabili nel tempo, ed a tali frequenze il campo
elettrico e quello magnetico sono disaccoppiati, per cui non vengono ir-
radiati ed è più corretto parlare di campi elettrici e magnetici, appunto,
piuttosto che di campi elettromagnetici.
Schema tipico della distribuzione di energia. (fonte: ENEA)
Le caratteristiche principali di un elettrodotto sono la tensione di esercizio
(espressa in V o kV) e la corrente elettrica trasportata (espressa in A). Le linee
elettriche, deputate al trasporto e distribuzione dell‟energia elettrica, in
Italia si suddividono, a seconda della tensione, in:
Altissima Tensione (AAT): 380 kV, 220 kV
Alta Tensione (AT): da 40 kV a 150 kV (ad es. 132 kV)
Media Tensione (MT): da 1 kV a 40 kV (ad es. 15 kV)
33
Bassa Tensione (BT): 230 V (monofase) e 400 V (trifase)
Le cabine elettriche, invece, in Italia si distinguono in:
Stazione di trasformazione: smista le linee di alta tensione, collega le
linee elettriche con la centrale di produzione, trasforma la tensione
da altissima ad alta, in pratica da 380 kV o 220 kV a 132 kV;
Cabina primaria: esegue la trasformazione da Alta Tensione a Me-
dia Tensione, in pratica trasforma la tensione da 132 kV (alta ten-
sione) a 15 kV (media tensione);
Cabina secondaria: esegue la trasformazione da Media Tensione a
Bassa Tensione, in pratica trasforma la tensione da 15 kV (media
tensione) a 380 V o 220 V (bassa tensione).
Il complesso delle linee elettriche di trasmissione ad Alta ed Altissima
Tensione (AT e AAT) e delle stazioni primarie sull’intero territorio na-
zionale è denominato “Rete di Trasmissione Nazionale” (RTN) ed è ge-
stito da un unico Ente Gestore, che è TERNA S.p.A. La Rete di Tra-
smissione Nazionale costituisce l’ossatura principale della rete elettrica
nazionale e svolge il ruolo di interconnessione degli impianti di produ-
zione nazionale e di collegamento con la rete elettrica internazionale.
Sul territorio regionale, oltre alle linee e impianti appartenenti alla Rete di
Trasmissione Nazionale, sono presenti anche altri elettrodotti ad alta
tensione, oltre a quelli a Media e Bassa tensione (MT e BT), appartenenti
ad altri proprietari: ENEL Distribuzione, Rete Ferroviaria Italiana (RFI),
Aziende Municipalizzate, privati. Dunque, il panorama è variegato.
Una sottostazione elettrica fer-
roviaria con relativi tralicci.
34
In prossimità di un elettrodotto si generano un campo elettrico e un cam-
po di induzione magnetica, cioè in pratica un campo magnetico. In partico-
lare, il campo elettrico prodotto in un determinato punto, misurato in V/m
(volt/metro), dipende dalla tensione della linea (aumenta all‟aumentare
della tensione) e dalla distanza dai conduttori (diminuisce all‟aumentare
della distanza). Dato che la tensione è fissa, anche i livelli di campo elet-
trico sono stabili in una data posizione spaziale, e presentano un massi-
mo nella zona sottostante la linea aerea.
Il campo di induzione magnetica prodotto in un determinato punto, mi-
surato in microtesla (μT), dipende principalmente dalla corrente circolan-
te (aumenta all‟aumentare della corrente), dalla distanza dai conduttori
(diminuisce all‟aumentare della distanza), ma anche dalla loro disposizio-
ne spaziale e distanza reciproca. Dato che la corrente non è stabile nel
tempo, ma varia al variare della richiesta di energia, ne consegue che an-
che l‟induzione magnetica ha un‟intensità variabile durante la giornata.
Sorgenti a radiofrequenza: gli impianti di comunicazione
Un impianto di telecomunicazione comprende un sistema di antenne la
cui funzione principale è trasmettere un segnale elettrico contenente
un‟informazione nello spazio aperto sotto forma di onda elettromagneti-
ca. La trasmissione del segnale può essere:
unidirezionale (radio e televisione): il dispositivo trasmittente invia
il segnale che può essere rilevato da tutti gli apparecchi riceventi
situati all‟interno dell‟area di copertura;
bidirezionale (radar, ponti radio, telefonia mobile, Wi-Fi): ad es.
le Stazioni Radio Base (SRB) ed i cellulari ricevono e trasmettono
il segnale elettromagnetico in maniera bidirezionale.
La distribuzione del campo elettromagnetico nello spazio dipende, fon-
damentalmente, dalle caratteristiche radioelettriche della sorgente e dalla
distanza dall‟impianto. L‟intensità del campo aumenta, inoltre, con l‟altezza
da terra, in quanto ci si avvicina al centro elettrico, punto di massimo ir-
raggiamento delle antenne trasmittenti.
Per le sorgenti a radiofrequenza, nella maggioranza dei casi, campo elet-
trico e campo magnetico sono proporzionali, per cui per la misurazione
35
della loro intensità è sufficiente riferirsi al solo campo elettrico. Solo in al-
cune specifiche situazioni (per esempio in prossimità di impianti radio) è
necessario misurare separatamente campo elettrico e campo magnetico.
Le onde elettromagnetiche emesse da una sorgente a radiofrequenza (RF).
Gli impianti radiotelevisivi hanno antenne spesso situate in punti ele-
vati del territorio (colline o montagne) e possono coprire bacini di utenza
che interessano anche diverse province. Le frequenze dell’onda portante
usate dalla televisione tradizionale (analogica) andavano da 55 a 210
MHz circa (nella banda VHF, quindi), mentre oggi il digitale terrestre
trasmette – su canali differenti a seconda delle regioni – oltre che nella
citata banda VHF, soprattutto in UHF (fra 500 e 750 MHz circa).
Le stazioni radio AM commerciali operano a frequenze comprese fra i
535 e i 1605 kHz, mentre le stazioni radio FM commerciali lavorano a
frequenze più alte: il loro range varia da 88 a 108 MHz (dunque nella
banda VHF, la stessa usata dalle forze dell‟ordine). Vi sono poi varie
bande riservate ai radioamatori ed a vari servizi che cadono nel campo di
frequenze VHF-UHF comprese tra i 26 e 900 MHz: ad es. la banda cit-
tadina o “CB” attorno a 27 MHz usata dai camionisti, la banda aeronau-
tica (118-136 MHz), la banda marina (156-157 MHz), la banda dedicata
ad allarmi e vigilanza (465-470 MHz), etc.
36
Assegnazione di alcune frequenze radio VHF-UHF (fonte: www.radioamatore.info)
La potenza in antenna degli impianti radiotelevisivi, specialmente per gli
impianti radio, può raggiungere valori elevati (fino a qualche centinaio di
chilowatt) ed a ridosso dei tralicci l‟intensità di campo elettrico al suolo
può raggiungere valori dell‟ordine delle decine di volt/metro (V/m).
Tuttavia la localizzazione di questi impianti, prevalentemente al di fuori
dei centri abitati, agevola il rispetto delle soglie previste dalla normativa
relativa all‟esposizione della popolazione.
I radar sono usati principalmente per la sorveglianza dello spazio aereo a
scopi civili e militari, e sono collocati solitamente negli aeroporti per il
controllo del traffico a corto, medio e lungo raggio, sulle navi e sugli ae-
rei, nonché in alcune installazioni militari. Ma vi sono anche radar mete-
orologici per la rilevazione delle idrometeore e delle turbolenze in tempo
reale su un territorio. Il radar è utilizzato pure per usi di polizia con la
misura della velocità di autoveicoli e motoveicoli (autovelox).
Un radar, in generale, è costituito da una grande antenna parabolica ro-
tante che spazza un fascio impulsivo di microonde a forma di ventaglio
37
attorno allo spazio che lo circonda, ricevendo dopo un certo tempo un
eco dagli eventuali ostacoli incontrati. I radar per il controllo del traffico
aereo a lungo raggio operano in banda L (1-2 GHz), quelli per il traffico
a corto e medio raggio in banda S (2-4 GHz). I radar meteorologici e
quelli multifunzionali navali operano di solito in banda C (4-8 GHz).
Le antenne del
sistema radar mi-
litare MUOS di
Niscemi, in Sici-
lia.
I ponti radio, invece, svolgono la funzione di collegamento fisso punto-
punto e punto-multipunto, unidirezionale o bidirezionale fra 2 stazioni
fisse; le antenne paraboliche di varia grandezza sono le più usate, sono
fortemente direttive e utilizzano, per le trasmissioni, frequenze nel cam-
po dei GHz (microonde). I livelli di potenza tipici di questo tipo di tra-
smissione sono dell‟ordine del watt.
Poiché la propagazione delle onde elettromagnetiche a queste frequenze
avviene in modo analogo a quella della luce, la trasmissione avviene in
modo rettilineo. Le antenne dei ponti radio devono perciò essere a visi-
bilità diretta, cioè l‟una deve vedere l‟altra, senza ostacoli in mezzo che
intercetterebbero il fascio di onde interrompendo la trasmissione. Nono-
stante l‟elevato impatto visivo dei ponti radio, l‟alta direttività delle an-
tenne e le basse potenze utilizzate rendono sostanzialmente trascurabili
le esposizioni ad essi, salvo che ci si trovi nel fascio.
Le Stazioni Radio Base (SRB) per la telefonia cellulare sono costituite
da antenne che trasmettono il segnale al telefono cellulare e da antenne
38
che ricevono il segnale trasmesso da quest‟ultimo. Tali antenne possono
essere installate su appositi pali o tralicci (spesso alti 25-30 m) oppure su
edifici, in modo che il segnale venga irradiato su una porzione limitata di
territorio, denominata cella.
Una tipica torre di una
stazione radio base della
telefonia mobile.
Si noi che, in alcune zone dei centri urbani, alle stazioni radio base di ti-
po tradizionale si affiancano le microcelle, sistemi a corto raggio che garan-
tiscono la copertura del servizio nelle aree con maggior traffico telefoni-
co. Sono sistemi caratterizzati da un minor impatto visivo rispetto alle
normali stazioni radio base e dall‟uso di potenze estremamente basse che
permettono installazioni anche a pochi metri dal suolo (circa 3 metri), in
genere sulla parete di edifici o all‟interno di insegne o stazioni.
I livelli di emissione di onde elettromagnetiche di una specifica stazione
radio base sono variabili e dipendono, oltre che dalle caratteristiche ra-
dioelettriche e dall‟altezza del centro elettrico, anche dal numero di
chiamate (traffico) e dalla difficoltà di ricezione del segnale da parte
dell‟utente. Le Stazioni Radio Base, tuttavia, sono gli impianti di teleco-
municazione che, per la loro capillare diffusione nei centri abitati, gene-
rano maggiore preoccupazione tra i cittadini.
In verità, le modalità con cui le stazioni radio base irradiano i campi
nell‟area circostante (cella) e il fatto che la potenza utilizzata sia limitata
per evitare interferenze dei segnali, fanno sì che oggi i livelli di campo
39
elettrico rimangano nella maggioranza dei casi contenuti (al suolo i valori
misurati con l‟attuale tecnologia che va dal 2G al 4G sono generalmente
inferiori a 2 V/m), sebbene si possa prevedere un sensibile aumento con
lo sviluppo della tecnologia 5G destinata all‟“Internet delle cose”.
Le frequenze utilizzate oggi dalle stazioni radio base sono comprese tra
gli 800 MHz ed i 2600 MHz (mentre la tecnologia 5G lavorerà in Italia
nelle bande a 700 MHz, a 3,7 GHz ed a 26 GHz), e le potenze in anten-
na possono variare tipicamente tra i 10 ed i 150 W. Le reti radiomobili
diffuse in Italia sfruttano varie tecnologie, che non utilizzano le stesse
bande di trasmissione.
Le reti in questione sono:
GSM: è la rete di telefonia di tipo “2G”, su cui passano i dati voce
ed sms delle comunicazioni da mobile. Ad essa si sono in seguito
affiancate, come vedremo, altre reti adatte ad es. per la messaggi-
stica WhatsApp (3G e superiori) e/o LTE per la navigazione in
banda larga (4G).
GPRS: è una evoluzione del GSM che permette di inviare gli
MMS. È anche considerata “2.5G”. Con il GPRS è possibile col-
legarsi ad Internet. Ma è una connessione davvero molto lenta.
Per dare un termine di paragone, la velocità massima di download
del GPRS è di 57,6 kbit/s, ovvero la velocità dei vecchi modem
analogici di casa (icona G nella barra di stato del vostro smar-
tphone).
EDGE: con questa connessione è possibile collegarsi ad Internet,
ma si navigherà in modo “lento”. Infatti, la velocità massima di
download è di 500 kbit/s. È considerato “2.75G” (icona E nella
barra di stato del vostro smartphone).
UMTS: utilizza connessioni di tipo “3G” (icona 3G o U nella
barra di stato del vostro smartphone). Il W-CDMA è il protocollo
di trasmissione con cui è possibile collegarsi ad Internet e riuscire
a navigare senza grossi problemi. La velocità massima di downlo-
ad è di circa 2 Mbit/s. Generalmente tutti i telefoni e gestori sup-
portano questo tipo di navigazione.
HSDPA, HSUPA e HSPA+: utilizzano connessioni di tipo
“3.5G”. Sono una evoluzione della connettività 3G e consentono
40
di navigare e scaricare dati in maniera abbastanza veloce. Le velo-
cità massime in download variano: HSDPA e HSUPA hanno una
velocità di 14.4 Mbit/s, l’HSPA+ 42,2 Mbit/s in download. Gene-
ralmente tutti i telefoni e gestori supportano questo tipo di navi-
gazione (icone H per HSPA o H+ per HSPA+ nella barra di stato
del vostro smartphone, ma in alcuni modelli può apparire l’icona
3.5G).
LTE: utilizza connessioni di tipo “4G”. Si tratta di una connetti-
vità di tipo veloce (la cosiddetta banda larga) per download ed u-
pload di dati. La velocità massima di download può arrivare a cir-
ca 330 Mbit/s e a circa 90 Mbit/s in upload. Per utilizzare l‟LTE
occorre avere un telefono compatibile (icona 4G nella barra di sta-
to del vostro smartphone).
Le frequenze utilizzate in telefonia dalle varie generazioni di rete: 2G, 3G, 4G, etc.
(fonte: www.eurweb.it)
Si noti che il sistema LTE sta sostituendo il Wi-Max (3,4-3,6 GHz), una
tecnologia di connessione a Internet senza fili alternativa all’ADSL, stabi-
le e ad alta velocità, nata per consentire ad aziende e ad abitazioni (ad es.
di campagna) coperte dal segnale di navigare a banda larga senza il tradi-
zionale filo telefonico, utilizzando un modem interno. L‟LTE lascia inal-
41
terate le bande di utilizzo e la tipologia di connessione, ma comporta un
aumento della potenza irradiata (tipicamente alcune decine di watt), sen-
sibilmente superiore a quello del Wi-Max.
Gli hotspot Wi-Fi, infine, permettono di collegare a Internet con colle-
gamenti “wireless”, cioè senza fili, computer e altri dispositivi (portatili,
tablet, cellulari), garantendo la copertura con tale segnale di aree pubbli-
che (più vaste rispetto a case ed uffici), come aeroporti, centri commer-
ciali, piazze e luoghi turistici. Le antenne Wi-Fi usano frequenze radio
(nelle bande a 2,4 e 5 GHz) e hanno dimensioni limitate, trasmettono in
tutte le direzioni e ad una certa distanza, ma con una potenza limitata.
La normativa tecnica ETS 300-328-2 sui sistemi “Radio LAN”, infatti,
impone di non irradiare con una potenza E.I.R.P. superiore ai 100 mW
(equivalente a 20 dBm)1
. Per tale motivo su tutto il territorio dell’Unione
Europea, ed anche in Italia, in locali aperti al pubblico o in aree confinate
a frequentazione pubblica è vietato utilizzare antenne che abbiano un
guadagno in trasmissione elevato (diciamo superiore ai 5 dBi), tale da
portare la potenza trasmessa E.I.R.P. oltre i suddetti 100 mW.
Il telefono cellulare, essendo una sorgente mobile, non è propriamente
considerabile una sorgente outdoor, ma di fatto lo diventa quando viene
usato all‟aperto; mentre, evidentemente, è una sorgente indoor quando
viene usato in casa o in ambienti chiusi. Si tratta di un dispositivo a bassa
potenza (0,2-2 W) che riceve e trasmette radiazione elettromagnetica; la
potenza effettivamente emessa durante la trasmissione è variabile, perché
dipende dalla “bontà” del segnale che riceve (e dunque dalla distanza
dell‟antenna della Stazione Radio Base più vicina, dalla schermatura ope-
rata dall‟involucro di edifici e di veicoli, etc.). I telefoni cellulari sviluppa-
no molta meno potenza rispetto alle Stazioni Radio Base ma, utilizzan-
doli, la testa dell‟utente si trova quasi a contatto con l‟antenna, quindi
può essere sottoposta ad un assorbimento di potenza elevato.
42