QUESTO COLLAGE è STATO PENSATO PER NOI ITALIANI NON STRAVACCINATI NON STRAENERGIZZATI, NON STRARICCHIZATI , ABBIAMO BISOGNO DI DISCIPLINE di elevazione survivalist ANIMICA PER IMMETERCI IN UNA SORTA DI "bolla anti-temporale-assenza di peso gravitazionale e meditativa" LE INFORMAZIONI che ho estrapolato ci rendano consapevoli di cosa sta succedendo adesso per decidere il nostro domani COME il progetto ESA DI Giuseppe e tanti altri progetti sono nati con queste intenzioni di salvare un gruppo di anime.. solo come OSSERVATORI ma mai agire in modo preventivo : “Si verificano molte incertezze e tendenze confuse in via di sviluppo. Quando questo si materializzerà nella gente che capirà cosa sta succedendo… il dollaro e l’oro saliranno insieme: incertezza significa che ti devi tenere sempre lontano dall Italia che sta in prima linea sul bacino del mediterraneo ... . Perché stiamo assistendo ad una fuga di capitali. Alcune persone vogliono comprare oro, altre vogliono uscire dall’Europa, ecc. Non tutti fanno la stessa cosa. Le due tendenze si uniranno. Questo è ciò che il nostro computer sta proiettando, ed è successo molte volte nella storia”. – Epica rottura dell’oro in vista! – Convergenza dei temi economici – recessione il prossimo anno e aumento dei conflitti? – petrolio greggio. – All’apice della Terza Guerra Mondiale entro il 2025? – Come fomentare la riduzione dell’escalation all’interno delle fila delle élite assetate di potere. – Il decadimento sociale potrebbe accelerare? – I beni materiali sono fondamentali per sopravvivere al collasso. – Le monete d’argento al 90% rimangono un investimento di sopravvivenza ideale. perchè i pensionati ITALIANI non possono più stare a Tunisi o meglio nei paesi ARABI , COSA STA SUCCEDENDO , in realta' : perchè le persone scappano dall’Europa. La Tunisia ha restituito 60 milioni di euro che l’Unione aveva inviato per l’attuazione del Memorandum d’intesa siglato a luglio. E’ il nuovo episodio della saga sull’accordo tra Unione europea e Tunisia che vede al centro l’immigrazione. Ed è l’ennesimo schiaffo a quanti, partendo dal governo Meloni, avevano cantato vittoria, certi di bloccare gli sbarchi dei migranti che in maggioranza partono dalle coste tunisine. Ma c’è di più: stavolta Tunisi minaccia l’Ue di rivelare “verità che non sono nel vostro interesse”. Le parole sono del ministro degli Esteri Nabil Ammar, che accusa l’Unione di aver usato fondi promessi per aiutare il Paese dopo la pandemia e mai inviati. E di pretendere unilateralmente di destinarli all’attuazione del Memorandum. Dall’annuncio dell’accordo i rapporti con Tunisi non sono mai stati così tesi. Al palo restano anche i rapporti col Fondo Monetario Internazionale, mentre nuovi accordi vengono stretti con la Russia e più in general i Brics si confermano la possibile un’alternativa ai rapporti con l’Ue, non solo in Tunisia. Il Memorandum aveva previsto un iniziale stanziamento di 105 milioni di euro per la gestione dei flussi migratori, oltre ad altri 150 milioni per sostenere il bilancio tunisino, alle prese con una grave crisi economica. Ma nonostante Unione e Italia in particolare già rivendessero l’accordo come una vittoria sul problema dell’immigrazione irregolare, a settembre Tunisi non aveva ancora visto un soldo. Né gli sbarchi sulle coste italiane si erano ridotti, anzi. Così a fine settembre la Commissione Ue annuncia di essere pronta a inviare i primi soldi “a sostegno dell’attuazione del Memorandum d’intesa”. Il 3 ottobre l’Ue bonifica 127 milioni di euro, ma solo 42 fanno davvero parte dell’accordo siglato a luglio. Gli altri sono stanziamenti già previsti, compresi i 60 milioni appena restituiti da Tunisi e parte di aiuti alla Tunisia per rialzarsi dopo la pandemia di Covid. Un espediente? Il Memorandum firmato dalla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen non è piaciuto a Bruxelles, dove è stato duramente criticato, non solo dalle sinistre, con l’accusa di voler consegnare un assegno in bianco al regime del presidente Kais Saied. Ma è proprio lui a dire che “la Tunisia non accetta l’elemosina“, anticipando la restituzione dei 60 milioni. Insomma, il giochino dei fondi non è andato giù. “Questi soldi risalgono ai tempi del Covid-19 e non ci erano arrivati, oggi li stanno sborsando per il 2023 e il sostegno al bilancio dello Stato (capitolo del Memorandum, ndr), quindi li abbiamo restituiti e li abbiamo messi in guardia contro la politica di inganno e la pubblicazione di corrispondenza confidenziale”, ha dichiarato il ministro Ammar. Una risposta, scrive La Stampa che ne ha dato notizia, “alla mossa del commissario europeo Oliver Varhelyi, che una settimana fa aveva pubblicato sul social network «X» la lettera ufficiale con la quale il governo tunisino aveva comunicato il numero di conto sul quale versare la somma”. E lanciato la sfida: “Se non volete i soldi, restituiteli”. E così è stato, il 9 ottobre scorso. “Se ritornate alla carica, ritorneremo anche noi rivelando verità che non sono nel vostro interesse. Non imploriamo nessuno e il mondo non si ferma davanti all’uno o all’altro partner: noi non abbiamo iniziato guerre e non abbiamo gettato l’umanità in guerre mondiali come avete fatto voi, per noi la sovranità non è armi e mezzi ma dignità e forza per dire la verità forte e chiara”, ha aggiunto Ammar in un’intervista appena pubblicata dal quotidiano arabo AI Chorouk. Appena prima del bonifico tunisino, il 9 ottobre la portavoce della Commissione europea Ana Pisonero aveva dichiarato di non aver ricevuto “alcuna restituzione” dei fondi erogati alla Tunisia. “E non ho nessuna notizia sul fatto che abbiamo sospeso formalmente o informalmente il memorandum d’intesa”, aveva aggiunto il portavoce capo Eric Mamer. Ma adesso le cose cambiano decisamente, precipitando le cose dopo i fatti delle settimane scorse, quando Saied aveva respinto la delegazione di parlamentari europei della commissione Affari Esteri e rinviato a data da destinarsi l’incontro con i funzionari Ue proprio sull’attuazione del Memorandum. Non che la Tunisia non abbia bisogno di soldi, anzi. Ma gli accordi con l’Unione europea non sono più l’unica strada e questo pesa nei rapporti tra Tunisi e i governi europei. Le intese con l’Ue sono sempre vincolate alla questione dei migranti e Saied ha sempre detto che la Tunisia “non è la guardia di frontiera dell’Europa e non accetterà di diventare un paese rifugio”. Lo stesso dialogo con il FMI per un prestito da oltre due miliardi che aiuti l’economia tunisina a rialzarsi è incagliato perché Saied non considera le riforme pretese dal Fondo una soluzione praticabile per la popolazione. Al contrario, ricorda La Stampa, “il 25 settembre scorso lo stesso Ammar è volato a Mosca per incontrare il suo omologo Sergey Lavrov, con il quale ha firmato un accordo commerciale”. Uno scambio in base al quale la Russia manderà i suoi turisti in Tunisia e questa importerà grano russo. Non solo: Tunisi riceve da tempo fondi dall’Algeria, anch’essa legata a Mosca da stretti rapporti. Tunisi sembra valutare una scelta fatta già da tanti Paesi, entrati nell’allenaza dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), come di recente Argentina, Etiopia, Iran, Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Canali alternativi anche per trovare risorse senza le condizioni imposte dai Paesi europei che mettono sempre sul tavolo l’immigrazione, dall’autunno scorso proveniente soprattuto dalle coste tunisine. La presenza occidentale è in crisi in molti Paesi africani e il golpe in Niger conferma l’evoluzione nella cintura del Sahel, con l’Algeria che si è opposta all’intervento militare proposto dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas). Se mai il Memorandum tanto caro al governo Meloni sarà attuato, l’Ue dovrà prepararsi a offrire condizioni più vantaggiose. -------------------polonia vuole uscire----------- Nonostante le sabbie mobili e gli ultimi furiosi combattimenti nascosti dal silenzio elettorale, Radosław Fogiel arriva sorridente, si scusa “per l’outfit” (una maglietta-manifesto Reagan Bush ’84), scherza sui famosissimi gatti di Kaczyński - “non glielo dite, ma a me piacciono i cani” – e senza perdere la calma, ferma subito un punto: “Non vogliamo uscire dall’Europa, ma vogliamo che l’Europa esca dalla Polonia”. sono i più liberi d'europa ... i POLACCHI.. Epica rottura dell’oro in vista!: Quotazioni oro in rialzo? Le Banche Centrali aumentano le riserve Nonostante i limiti dell’oro fisico (non paga interessi, metterlo al sicuro è costoso, occupa spazio) il suo valore lo rende fondamentale. Secondo gli ultimi dati del World Gold Council, nel primo trimestre del 2023 la domanda di oro delle banche centrali è stata pari a 228 tonnellate, il 176% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente e un nuovo record storico per un primo trimestre. Perché le banche centrali stanno tornando ad acquistare oro, rispetto ad altre valute da sempre considerate forti, come il dollaro, la sterlina, l'euro, lo yen o il franco svizzero? La Banca d’Italia lo spiega sul suo sito web: “Le riserve auree hanno lo scopo di accrescere la fiducia nella stabilità del sistema finanziario italiano e della moneta unica. Questa funzione diventa ancora più importante quando le condizioni geopolitiche o la situazione economica internazionale potrebbero mettere i mercati finanziari a rischio, come nel caso di una crisi valutaria o finanziaria”. “Le riserve auree fanno parte delle riserve ufficiali in valuta estera dell'Italia e costituiscono una garanzia per la Banca d'Italia nell'esercizio delle sue funzioni pubbliche... L'oro non comporta alcun rischio di solvibilità perché non è "emesso" da un'autorità (come un governo o una banca centrale). Grazie alle caratteristiche e alle funzioni dell'oro, le banche centrali lo utilizzano per diversi scopi: lo comprano e lo vendono per motivi finanziari o per aggiustare il livello delle riserve; lo depositano per ottenere un reddito e lo usano come garanzia per ottenere prestiti”. Questo atteggiamento delle banche centrali non può che influire sulle quotazioni dell’oro sia nel breve che nel medio periodo. Previsioni oro 2023: tutti lo vedono sopra i 2000$/oncia Conoscere i target 2023 delle quotazioni oro è di fondamentale importanza anche da un punto di vista pratico. Ma abbiamo imparato nel tempo che non sempre si rivela utile e a volte l’oro semplicemente non rispetta le previsioni. Ciò non toglie che previsioni vengano comunque fatte sulla base dei dati a disposizione. Le più diffuse tra gli analisti vedono l’oro in un range tra 2000 e 2100 dollari l’oncia, alcune si spingono addirittura fino a 3000 dollari l’oncia come affermato da Aakash Doshi, responsabile delle materie prime per il Nord America di Citigroup. Sicuramente un target simile ingolosisce piccoli e medi investitori, ma si tratta di una previsione azzardata e improbabile nell’arco di così pochi mesi. Goldman Sachs aveva invece previsto che la quotazione dell’oro sarebbe dovuta arrivare a 2500 dollari l’oncia entro fine 2022. Ha forse anticipato i tempi, ma si tratta di una previsione possibile per il prossimo anno. Non resta che acquistare oro e restare a vedere. Questi stessi investitori a volte considerano l’oro non redditizio come un’attività da cui stare alla larga in presenza di un aumento del deficit federale statunitense e delle indicazioni della Federal Reserve di mantenere alti i tassi fino a quando non si sarà convinta che l’inflazione è sotto controllo. L’aumento dei tassi aumenta il costo opportunità di investire in attività non redditizie, il che implica una prospettiva negativa per i metalli preziosi. Inoltre, gli investitori dovrebbero essere pronti a vedere i rendimenti dei Treasury raggiungere il 7% se l’economia statunitense dovesse sfuggire a una recessione ampiamente prevista, mentre l’Europa potrebbe non farlo, ha avvertito Ned Davis Research in una nota pubblicata da Reuters martedì. L’ultima volta che i rendimenti hanno raggiunto il 7% è stato nel 1995. Tutto ciò suggerisce movimenti volatili sui mercati che potrebbero indurre l’oro a rinunciare all’ancora di 1.900 dollari e a tornare ai livelli più gestibili di 1.800 dollari. Ciò significa che l’oro potrebbe chiudere l’anno con un andamento piatto piuttosto che con un guadagno annuo vicino al 9%. Craig Erlam, analista della piattaforma di trading online OANDA, ha avvertito martedì: “Sebbene l’oro stia facendo brevi movimenti al di sopra di questo importante livello psicologico (1.900 dollari), al momento non riesce a ottenere alcuna trazione”. “Questo rafforza ulteriormente quanto sia grande questo livello di resistenza e se riuscisse a fare un movimento significativo al di sopra, potrebbe accelerare di conseguenza”. Inutile dire che potrebbe valere anche il contrario. Sunil Kumar Dixit, chief technical strategist di SKChart e collaboratore abituale di Investing.com sui grafici delle materie prime, concorda sul fatto che la resistenza a 2.010 dollari ha fermato il rally dell’oro. ------------se scoppia la 3 guerra il prezzo petrolio greggio .....in italia ... Lo scenario peggiore sarebbe quello di una doppia carenza di forniture energetiche, dalla Russia e dal Medio Oriente che metterebbe l'Europa in grandissima difficoltà e farebbe schizzare i prezzi dell'energia e con essi anche l'inflazione. "Sarebbe uno scenario orrendo perché l'Algeria che oggi è il nostro primo fornitore di gas ha espresso una posizione ben precisa a favore di Hamas. Questo non vuol dire che noi dobbiamo interrompere le forniture ma dimostra come la situazione non sia così allegra", sottolinea Tabarelli. L RIFORNIMENTO DI GAS Come sappiamo dallo scorso anno, l’Italia è costretta a importare dall’estero buona parte del gas di cui ha bisogno: l’Algeria è il primo Paese fornitore con circa il 36%, seguita da Azerbaigian, Qatar, Norvegia, Russia e Libia. La produzione nazionale, che si voleva aumentare dopo la guerra in Ucraina, resta nulla... All’apice della Terza Guerra Mondiale entro il 2025: siamo nel 2023 agli albori della guerra chegià è in essere : Il rischio di un conflitto più ampio ora potrebbe diffondersi in altre parti del mondo: nell’Indo-Pacifico e in Medio Oriente soprattutto. Senza dimenticare il ruolo dell’Iran, che sostiene la Russia in Ucraina, così come Hamas e altri gruppi terroristici in Medio Oriente il conflitto da regionale si espandesse, lambendo anche il confine settentrionale di Israele con le forze Hezbollah appoggiate dall’Iran in Libano, e dunque trascinando l’Iran nel conflitto, rischieremmo il peggio. L’arrivo di portaerei statunitensi nel Mediterraneo orientale suggerisce che Washington stia preparando il terreno per questo piano. e l’Iran, e altri attori mediorientali come Libano, Egitto e Siria, venissero coinvolti nella guerra, ci sarebbero gravi rischi globali per le forniture energetiche, per il gas soprattutto, e per il rialzo dei prezzi del petrolio, che potrebbe persino schizzare a 150 dollari al barile se venisse chiuso lo stretto di Hormuz, da cui transita il 20% del greggio mondiale. Com effetto ulteriore, l’inflazione tornerebbe a doppia cifra sia in Europa che negli Stati Uniti e la minaccia di una nuova recessione globale spingerebbe le banche centrali a tagliare i tassi di interesse. L’Arabia Saudita, il più grande esportatore di petrolio del mondo, avrebbe in questo un ruolo fondamentale. Il Paese degli sceicchi ha interesse a mantenere alto il costo del greggio, ma non così alto da causare una profonda recessione globale, perché questo a tendere comporterebbe un crollo dei prezzi del petrolio. Infine, c’è lo scenario apocalittico, quello delineato dallo storico Niall Ferguson, in cui la Cina potrebbe approfittare della crisi per imporre un blocco a Taiwan e, così facendo, potrebbe riuscire a trasformare il conflitto regionale in Medio Oriente in una Terza guerra mondiale. “Anche se combattuto con metodi convenzionali, un conflitto militare tra le due maggiori economie del mondo porterebbe alla rottura delle catene di approvvigionamento globali, a un duro colpo per la fiducia e al crollo dei prezzi degli asset. Avrebbe conseguenze economiche catastrofiche, fino ad includere una seconda Grande Depressione” scrive l’esperto: La difficoltà aggiuntiva è passare dall’interdipendenza all’auto sufficienza; questo rende tutto più costoso rispetto al libero commercio e il vantaggio comparato. La storia insegna anche che la principale fonte di potere è la superiorità tecnologica nella produzione di armi. Nel 2022, il vantaggio cruciale consiste nella capacità di produrre in grandi quantità semiconduttori e satelliti, oltre ai sistemi di combattimento algoritmici da cui dipendono questi. intelligenza artificiale...per la guerra.. Le lezioni delle guerre del secolo scorso, spiega Ferguson, sono due.Riferendosi a un recente articolo di Kissinger sullo stesso argomento, l’autore fa un parallelo storico: ci troviamo di nuovo a un punto di svolta, come lo fu il 1916, quando Gran Bretagna, Francia e Germania esplorarono la possibilità di terminare il conflitto senza trovare alcun accordo. Oggi è tornata la guerra ma, si domanda Ferguson, potrebbe tornare una guerra mondiale? Se così fosse, avrebbe un impatto su tutte le nostre vite. Ci siamo dimenticati gli effetti delle guerre sull’economia globale – inflazione, crisi del debito, perfino le carestie – perché i conflitti recenti (Bosnia, Afghanistan, Iraq) sono stati relativamente piccoli. In tempi di guerra, ogni grande potenza deve dare da mangiare alla sua popolazione e sostenere le sue industrie. La difficoltà aggiuntiva è passare dall’interdipendenza all’auto sufficienza; questo rende tutto più costoso rispetto al libero commercio e il vantaggio comparato. La storia insegna anche che la principale fonte di potere è la superiorità tecnologica nella produzione di armi. Nel 2022, il vantaggio cruciale consiste nella capacità di produrre in grandi quantità semiconduttori e satelliti, oltre ai sistemi di combattimento algoritmici da cui dipendono questi. Le lezioni delle guerre del secolo scorso, spiega Ferguson, sono due. Primo: il combinato disposto tra la supremazia tecnologica e finanziaria dell’America e le sue abbondanti risorse naturali, si è rivelato imbattibile. Secondo: gli imperi anglofoni dominanti non sapevano praticare la deterrenza. Per due volte, il Regno Unito non è riuscito a dissuadere la Germania e i suoi alleati a scommettere su una guerra mondiale. Il risultato sono stati due enormi conflitti costati - sia in termini di perdite umane che di danni economici - molto più della deterrenza. Gli Stati Uniti, l’impero anglofono dominante dai tempi dalla crisi del Suez del 1956, hanno compiuto errori simili; non sono riusciti a contenere la diffusione del comunismo in quello che un tempo veniva chiamato il Terzo mondo, e hanno fallito a dissuadere Vladimir Putin dall’invadere l’Ucraina. La prossima sfida dell’America sarà evitare che la Cina invada Taiwan. Qual è la strategia americana per contenere Russia e Cina? Ferguson la riassume così: formare e mantenere alleanze che evitino allo schieramento opposto di raggiungere il tuo stesso sviluppo tecnologico. “Questa è di fatto una strategia da guerra fredda”. Il piano americano contro la Russia ha rimpicciolito l’economia di Mosca, indebolito il suo esercito e reso il paese ancora più dipendente dalla Cina, a cui vende le proprie esportazioni a un prezzo scontato. La strategia di Biden ha due problemi ovvi. Innanzitutto, se le armi letali autonome sono l’equivalente delle armi nucleari tattiche – come sostengono molti analisti citati da Ferguson – Putin prima o poi potrebbe essere costretto a usare le seconde, non avendo le prime. Il secondo problema è che l’amministrazione Biden sembra avere delegato le tempistiche dei negoziati sulla pace a Kyiv – e le precondizioni richieste dagli ucraini sono palesemente inaccettabili per Mosca. “Come il conflitto in Corea nella prima guerra fredda – sostiene Ferguson – la guerra in Ucraina sembra destinata ad andare avanti finché non verrà raggiunto uno stallo, Putin morirà e verrà concordato un armistizio che delineerà un nuovo confine tra Russia e Ucraina. Il problema con le guerre prolungate è che l’opinione pubblica in America e in Europa tende a stancarsi prima del nemico”. La Cina è un osso più duro rispetto alla Russia. Le sanzioni hanno riportato l’economia e l’esercito russo indietro agli anni Novanta. Al contrario, la strategia per contrastare l’ascesa della Cina consiste nell’impedire il suo sviluppo tecnologico vietando le esportazioni di alcuni strumenti tecnologici. Come ha spiegato il consigliere alla sicurezza nazionale Jake Sullivan, l’obiettivo di Washington non è più quello di mantenere un “vantaggio relativo” sui suoi competitor ma di allargare il più possibile il divario con essi. Scrive Ferguson: “L’esperienza della prima guerra fredda conferma che questi metodi possono funzionare. I controlli sulle esportazioni sono una delle ragioni per le quali l’economia sovietica non è risuscita a mantenere il passo con l’America nel campo della tecnologia. La vera domanda è se questo approccio può funzionare contro la Cina”, che ha un’economia industriale molto più sviluppata rispetto all’Urss. La Cina dispone di altri punti di forza; il paese domina la produzione di minerali vitali che alimentano l’economia moderna – come il nichel, cobalto e litio – e vengono utilizzati per produrre smartphone, veicoli elettrici, pannelli solari e semiconduttori. Un divieto di esportazione verso l’America sarebbe un duro colpo per Washington, e costringerebbe il paese e i suoi alleati a sviluppare nuovi fonti in fretta. Al contrario, la posizione fiscale dell’America viene spesso considerata la sua principale debolezza. Nel prossimo decennio, i tassi d’interesse sul debito americano dovrebbero eccedere la spesa sulla difesa. Inoltre, ora che la Federal Reserve pratica il cosiddetto quantitative tightening, non è chiaro chi acquisterà i buoni del Tesoro americani. Questo potrebbe dare alla Cina un’opportunità di esercitare pressione finanziaria sugli Stati Uniti. Il paese detiene 970 miliardi di bond americani; se decidesse di venderli, farebbe aumentare i tassi d’interesse sui titoli statunitensi senza pagarne alcun prezzo. Tuttavia, secondo Ferguson la più grande vulnerabilità americana consiste nelle risorse, piuttosto che nella finanza. Anni fa l’America ha smesso di essere una potenza manifatturiera, diventando un’importatrice del resto del mondo. Al giorno d’oggi gran parte dei beni si muovono in circa sei milioni di container che vengono trasportati a loro volta da 61 mila navi. Lo storico spiega che la Belt and Road initiative della Cina ha ridotto la dipendenza di Pechino dal commercio via mare. Allo stesso tempo, il conflitto in Ucraina ci ha ricordato che l’interruzione del commercio è uno strumento di guerra vitale; una grande potenza deve essere in grado di sostenere la produzione di massa di armi, con o senza accesso alle importazioni. “Gli Stati Uniti oggi si trovano grosso modo nella stessa posizione dell’impero britannico negli anni Trenta. Se ripete gli errori commessi dai governi britannici in quel decennio, un’America con chiare debolezze finanziarie non riuscirà a dissuadere l’asse nascente tra Russia, Iran e Cina dal rischiare conflitti simultanei in tre diversi teatri: Europa dell’est, medioriente ed estremo oriente. La differenza è che oggi non ci sarà alcuna potenza industriale alleata ad agire da ‘arsenale della democrazia’, per citare la frase utilizzata dal presidente Franklin D. Roosevelt in un discorso alla radio il 29 dicembre 1940. Stavolta sono le autocrazie ad avere l’arsenale”. Secondo Ferguson, l’amministrazione Biden deve evitare una guerra commerciale aggressiva con la Cina che possa fare trovare Pechino nella stessa posizione del Giappone nel 1941, “lasciandolo con l’unica scelta di un’azione militare”. Questo sarebbe molto pericoloso, dato che la posizione della Cina oggi è più forte di quella del Giappone all’epoca. Ferguson conclude: “Kissinger fa bene a temere il pericolo di una guerra mondiale. La Prima e Seconda guerra mondiale sono state precedute da conflitti più piccoli: la guerra dei Balcani del 1912 e 1913, l’invasione italiana dell’Abissinia (1936), la guerra civile spagnola (1936-39), la guerra sino-giapponese (1937). L’invasione russa dell’Ucraina sembra andare bene per l’occidente in questo momento. Ma in uno scenario da incubo, questa potrebbe rivelarsi il presagio di una guerra mondiale” il decadimento sociale potrebbe accelerare? sicuramente non ci sarà cibo ..ne occupazione ..nelle grandi città ..e sistemi isolati saranno in grado di fare da argine alle invasioni di massa.. quali sono i beni materiali sono fondamentali per sopravvivere al collasso: ecco le cause • Terremoti indotti geoingenegneria climatica catastrofi naturali ..modelli di apocalittiche crisi planetarie, o ingenti cambiamenti dei processi climatici terrestri (uragani, glaciazioni, terremoti, bufere di neve, tempeste solari, forti temporali). • Un disastro causato da attività umane (fuoriuscite chimiche, rilascio di agenti radioattivi o di materiali nucleari, guerre nucleari, chimiche o portate avanti con armi non convenzionali). • Un crollo generale della società causato da mancanza o indisponibilità di risorse come l'elettricità, il carburante, il cibo o l'acqua. • Crisi finanziarie o collassi economici (causati da manipolazione monetaria, iperinflazione, deflazione o depressione). • Un altra pandemia più letale di quella di adesso sempre globale. • Caos diffuso da qualche altro inspiegabile o imprevedibile evento apocalittico Prepper Lo scopo del prepper è quello di difendere la propria qualità della vita in seguito ad una emergenza. La maggior parte della sua attività si concentra nel "pre-evento" ed ha lo scopo di subire meno privazioni possibili nel "post-evento". Un prepper non punta solo a saper risolvere un problema, di qualsiasi natura e tipologia possa essere (pratico, manuale, economico, meccanico, elettronico) ma soprattutto di come far sì che quel problema non si presenti. Punta prevalentemente quindi alla prevenzione. La maggior parte dei prepper agisce in un contesto familiare, per cui le sue attività sono volte a proteggere e prendersi cura di un piccolo gruppo di persone a cui possono essere affidati compiti e ruoli differenti. Statisticamente infatti molti uomini iniziano ad interessarsi al prepping nel momento in cui diventano padri.[senza fonte] Un'altra delle differenze principali sarebbe quella secondo cui il survivalist si specializza in modo verticale nella sopravvivenza in uno specifico scenario ad alto rischio e di forte difficoltà (ma anche meno probabile e realistico) mentre il prepper ha una preparazione molto più vasta ma meno approfondita in diversi settori, per diversi ambienti e diversi eventi che possono presentarsi con più facilità nella vita di tutti i giorni. Strategie Nel contesto del survivalismo esistono essenzialmente due strategie che possono sintetizzarsi con il "bugging in" e il "bugging out". Entrambe rispondono al verificarsi di un evento e richiedono comunque una preparazione preventiva rispetto allo stesso (ad esempio: addestramento per la sopravvivenza in ambienti naturali, acquisizione di competenze tecniche o di sopravvivenza, pianificazione attività, accumulazione materiali, ecc). In linea di principio il bugging in risponde maggiormente alla mentalità del "prepper" (se non in prima istanza, almeno dopo un pianificato bugging out) mentre quella del bugging out a quella del "survivalista", ma, come detto in precedenza, le strategie e le tattiche operative delle due figure sono spesso sovrapponibili. === Bugging in === È la strategia che prevede di trincerarsi in casa o in un luogo sicuro (eventualmente dopo il ricorso a una strategia di bugging out) appositamente preparato. In casi estremi sono approntati dei veri e propri bunker. La strategia prevede di restare al sicuro all'interno della struttura fino alla fine della minaccia. L'implementazione prevede che la struttura sia rifornita di acqua, viveri ed ogni altra cosa potrebbe essere necessaria in questo periodo di tempo. === Bugging out === Questa strategia prevede di abbandonare la propria abitazione in seguito ad un evento per trovare rifugio in un luogo più distante dalla minaccia e quindi più sicuro. Essendo una strategia, il bugging out non è una semplice fuga, richiede pertanto una pianificazione preventiva della destinazione, del percorso e del materiale di supporto da prelevare al momento dell'attivazione della strategia. Nel bugging out si prevede di approntare una o più delle seguenti risorse od attrezzature: Bug out location (b.o.l.) Un rifugio sicuro, come una casa di villeggiatura, di amici o parenti in cui trasferirsi. La strategia richiede che nella b.o.l. vi siano stati già predisposte scorte di acqua, viveri, altri generi di prima necessità (in quanto una volta raggiunta la bug out location la strategia del bugging out si trasformerebbe in un bugging in). Bug out bag (b.o.b.) Uno zaino con tutto l'occorrente per sopravvivere durante l'implementazione della strategia del bugging out. Rientra in questa categoria la cosiddetta "72hours bag" raccomandata alla popolazione degli Stati Uniti dalla Federal Emergency Management Agency (F.E.M.A.) - corrispondente all'italiano Dipartimento della Protezione Civile. Il nome assegnato allo strumento è da ricollegarsi al tempo (appunto 72 ore) massimo stimabile in cui il kit potrebbe fornire supporto ai cittadini dopo il verificarsi di un evento calamitoso nell'attesa che le strutture di soccorso provvedano ad intervenire ed implementare una organizzazione effettiva di assistenza. Bug out vehicle Il mezzo (eventualmente più di uno) con cui ci si sposterà dalla propria abitazione verso la bug out location. Anche per questo strumento è possibile approntare dei kit specifici in sostituzione o in aggiunta alla b.o.b.. Scorte ed accumulo Uno dei cardini della preparazione è quello di accumulare scorte di materiali e risorse in genere che potranno essere indispensabili, necessarie o utili alla sopravvivenza dopo il verificarsi dell'evento. A seconda dello scenario per cui ci si prepara gli elementi di cui fare scorta possono cambiare molto. In generale però si ritrovano questi elementi: acqua potabile per uso personale, per la cucina e per l'igiene personale o ambientale (oltre a strumenti per filtrare e potabilizzare l'acqua); cibo, generalmente in scatola o comunque a lunga conservazione; medicinali di ogni tipo, soprattutto quelli che si è usi assumere; attrezzi e strumenti in genere (corde, chiodi, martelli, pinze, cacciaviti, coltelli, seghe, apriscatole, cavatappi ecc.); armi o altri strumenti di difesa e per la sicurezza delle persone e dei luoghi; strumenti per garantire energia termica (riscaldamento e cucina) e illuminazione. Molti di queste categorie di accumulo (acqua, cibo, medicinali) rientrano in strategie "trasversali", ovvero che rispondono contemporaneamente a molteplici situazioni emergenziali, Modi di dire in uso nel prepping rispetto alla preparazione e alle scorte L'importanza della preparazione nell'accumulo di scorte alimentari o strumentali si ritrovano in alcune espressioni in uso nel mondo del prepping o survivalismo. "Nove pasti dall'anarchia" (nell'originale "Nine meals from anarchy"), espressione attribuita al politico britannico Lord Cameron of Dillington[6][7] e tesa a evidenziare come un ipotetico collasso dell'ordinaria logistica distributiva di beni e servizi porterebbe a disordini sociali in capo a tre giorni (ovvero 9 pasti dopo l'evento). Il contesto più ampio e diversificato da cui origina l'espressione è comunque ben sintetizzato nella stessa, la quale concretizza difficoltà di reperimento di beni di prima necessità (nell'esemplificazione in riferimento solo al fattore alimentare) a pochi giorni da un evento avverso di rilevante portata. La cosiddetta "regola del 3". Questa ha lo scopo di ordinare le necessità primarie di un individuo in modo da disporre in ordine di rilevanza le risposte da attuare o di strumentazione da predisporre in una ipotetica situazione emergenziale. La "regola del 3" statuisce che "Si può sopravvivere 3 minuti senza aria (ovvero ossigeno), 3 ore senza riparo, 3 giorni senza acqua, 3 settimane senza cibo". Anche la Regola del 3 è una esemplificazione, in quanto va confrontata con i casi soggettivi e ambientali effettivi. Ad esempio si sono presentati casi di eventi calamitosi che hanno visto il salvataggio di sopravvissuti anche per periodi più lunghi di privazioni di acqua o cibo. Inoltre è da considerare che, ad esempio, il riferimento al tempo massimo di sopravvivenza senza riparo va riferito a condizioni climatiche estreme (deserto, ambienti montani o polari) e che molti dei limiti indicativi suindicati dipendono dalle condizioni fisiche di ogni individuo. monete d’argento al 90% rimangono un investimento di sopravvivenza ideale poichè è anche utile nel settore energetico prima o poi PER I PANNELLI SOLARI.. ARTICOLO ASSEMBLATO DA ENRICO VALBONESI IL GIORNO 8.11-2023